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Estremi:
Cassazione civile, 2022,
  • Fatto

    RILEVATO IN FATTO

    Che:

    1. P.A., dipendente del Comune di Brescia, ha agito nei confronti del medesimo assumendo di essere stata oggetto di demansionamento e vessazioni, queste ultime anche per effetto dell'indebita reazione dell'ente e dei suoi superiori rispetto alla denuncia da parte sua di irregolarità nelle selezioni dei dirigenti e del personale cui attribuire le posizioni organizzative;

    2. la domanda, accolta in primo grado dal Tribunale di Brescia con riferimento al solo demansionamento e sotto il profilo del verificarsi di una sostanziale privazione di mansioni ed incarichi, è stata poi integralmente rigettata dalla Corte d'Appello della stessa città;

    3. la Corte territoriale riteneva che fosse mancata prova dell'intento vessatorio, necessario ad integrare la fattispecie del mobbing e che quello emerso era in realtà un confronto, attraverso anche discussioni, ma con toni urbani, rispetto all'attività lavorativa, da cui era anche risultato che vi era svolgimento di attività lavorativa da parte della ricorrente, in materie di apparente rilevanza ed in modo non episodico;

    4. P.A. ha proposto ricorso per cassazione con due motivi, cui ha opposto difese il Comune di Brescia con controricorso;

    5. la proposta del relatore, ai sensi dell'art. 380-bis c.p.c., è stata notificata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell'adunanza in camera di consiglio non partecipata;

    6. la ricorrente ha depositato memoria;

  • Diritto

    CONSIDERATO IN DIRITTO

    Che:

    1. il primo motivo di ricorso adduce la nullità della sentenza impugnata per omessa motivazione ed omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., n. 5 e art. 115 c.p.c.) e con esso la ricorrente fa leva sulle numerose visite mediche cui essa era stata sottoposta nel tempo, da cui emergeva anche la scaturigine professionale dei propri disturbi psichici, confluita altresì in certificazioni sull'origine delle sofferenze psichiche nell'attività di lavoro;

    2. il secondo motivo deduce la nullità della sentenza per contraddittorietà della motivazione su un fatto decisivo (art. 360 c.p.c., n. 5, in relazione all'art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4), assumendo che la Corte territoriale avesse trascurato di apprezzare il rilievo della scheda di proposte degli obiettivi prodotta dal Comune e mancante, a differenza dall'originale, delle osservazioni apposte dalla stessa P.;

    3. i due motivi possono essere esaminati congiuntamente;

    4. il nucleo centrale della ratio decidendi sviluppata dalla Corte territoriale sta, per un verso, nella valutazione di genericità ed insufficienza delle allegazioni svolte dalla ricorrente al fine di dimostrare l'intento vessatorio, quale elemento costitutivo del mobbing e, per altro verso, nella conclusione, tratta dal richiamo ad un "significativo numero di comunicazioni e-mail" in ordine all'esistenza di "pregressi contatti e discussioni, di attività già svolte dalla ricorrente e di scadenze già stabilite che la stessa si figurava di rispettare", per concludere in ordine all'esistenza di "significativi elementi documentali a sostegno dell'esistenza di un confronto - peraltro condotto con toni del tutto urbani - tra la ricorrente e il suo diretto responsabile avente ad oggetto lo svolgimento di attività lavorativa, in materie di apparente rilevanza, che la lavoratrice stava conducendo in modo di certo non episodico";

    4....

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