Il caso
Il giudice di primo grado respingeva la domanda della ricorrente (genitore affidatario) al riconoscimento del diritto a percepire gli assegni per il nucleo familiare (ANF) per i figli minori. Il Tribunale accoglieva la posizione dell'INPS, che riteneva non fossero rispettati i requisiti. Ago della bilancia per il soddisfacimento dei requisiti era considerare se il coniuge separato legalmente e di fatto fosse parte o meno del nucleo familiare: qualora considerato parte del nucleo familiare, il coniuge ricorrente non avrebbe avuto diritto agli ANF, all'opposto, invece, si.
Nel caso specifico la ricorrente, come visto separata legalmente, non abitava più nello stesso immobile con il coniuge, il quale aveva nel frattempo lasciato la casa familiare. Tuttavia, pur avendo mutato il proprio domicilio, all'epoca della domanda degli ANF non aveva ancora migrato la propria residenza. Pertanto, sulla base delle risultanze anagrafiche, l'INPS considerava il coniuge separato quale membro del nucleo familiare e non riteneva sussistenti le condizioni per il riconoscimento della prestazione previdenziale.
In buona sostanza, per l'Istituto il nucleo familiare deve essere considerato sulla base del criterio formale della risultanza anagrafica della residenza, non ritenendo opponibile l'effettivo trasferimento della dimora abituale.
La ricorrente in primo grado appellava dunque la sentenza del Tribunale, chiedendo di rivedere la decisione nella parte in cui riteneva irrilevante la situazione di fatto dell'effettivo mutamento di dimora.
Si costituiva in appello l'INPS, sostenendo la correttezza della sentenza di primo grado, posto che l'art. 2, co. 6, L. 153/1988 autorizza la percezione degli ANF al genitore affidatario a fronte di una separazione legale ed effettiva: secondo l'Istituto, la separazione effettiva deve essere provata...
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