Il caso
Un dipendente di una nota Società laziale propone ricorso dinanzi al Tribunale di Viterbo lamentando l'illegittima disapplicazione, da parte della datrice di lavoro, del contratto integrativo interaziendale ed, in particolare, della clausola relativa al pagamento di un premio di partecipazione.
La Corte di appello di Roma, in riforma della pronuncia del Tribunale di Viterbo, accoglieva la domanda del lavoratore con conseguente condanna della società al pagamento della parte variabile del premio di partecipazione previsto nel contratto aziendale disapplicato.
Secondo la Corte territoriale, infatti, dagli elementi istruttori, di fonte documentale, emergeva chiaramente che la società, anche dopo aver receduto dall'associazione nazionale di rappresentanza datoriale, aveva continuato ad erogare ai lavoratori diverse voci retributive e/o incentivanti e/o indennitarie previste dal contratto integrativo interaziendale, sicché risultava illegittimo il rifiuto di pagare l'ulteriore voce del premio di partecipazione.
Inoltre, secondo la Corte, il contratto integrativo interaziendale aveva un termine annuale di efficacia (con clausola di rinnovo anno per anno, salvo disdetta) che lo qualificava come contratto a tempo determinato, avverso il quale non era configurabile la libera recedibilità.
La società datrice di lavoro decideva pertanto di ricorrere alla Suprema Corte per sopporre il caso al vaglio giudiziale in sede di legittimità, invocandone la cassazione.
Per la società ricorrente, invero, la Corte distrettuale avrebbe, da un lato, trascurato che i contratti collettivi sono contratti di diritto comune e che il recesso dall'associazione datoriale comporta una legittima e automatica disapplicazione del contratto integrativo interaziendale, non avendo, la società, mai sottoscritto quest'ultimo; e, dall'altro, come in ogni caso la scelta di continuare ad...
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