Il caso
La Corte di Appello di Venezia, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Verona, aveva accolto la domanda della lavoratrice di pagamento di differenze retributive per il periodo in cui aveva svolto attività lavorativa presso la Fondazione-datrice in esecuzione di un contratto di somministrazione. Dato atto della sequenza cronologica dei contratti (a termine, a progetto, in somministrazione) concernenti le parti sin da giugno 2000 e del riconoscimento di una determinata retribuzione, in esecuzione di una precedente sentenza del Tribunale di Verona passata in giudicato che aveva dichiarato nullo il primo contratto a termine, secondo Corte territoriale la retribuzione percepita dalla lavoratrice durante i contratti a progetto, ed eccedente i minimi contrattuali, doveva configurarsi quale superminimo assorbibile con i successivi aumenti salariali. Ne conseguiva l'applicabilità del principio di irriducibilità della retribuzione e, in assenza di prova sulla ricorrenza di un errore essenziale e riconoscibile concernente la maggiore retribuzione, doveva essere riconosciuto il diritto della lavoratrice alla conservazione della retribuzione precedentemente percepita.
Contro la sentenza la datrice proponeva ricorso in Cassazione fondato su tre motivi. In particolare, con il primo motivo veniva asserita la violazione del giudicato esterno: la sentenza (passata in giudicato) del Tribunale di Verona del 2021, dichiarando nullo il primo contratto a tempo determinato stipulato tra le parti, aveva accertato la sussistenza di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato "con inquadramento contrattuale nelle categorie professionali riconosciute nei contratti di lavoro succedutisi nel corso del rapporto", con conseguente riconoscimento, protempore, degli inquadramenti e delle relative retribuzioni erogate, che prevedevano - con riguardo...
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