1. Le pagine che seguono, dedicate al commento della recente sentenza della Corte di giustizia relativa alla causa C-681/18, costituiscono una occasione davvero utile per riflettere su un aspetto della regolamentazione europea del lavoro tramite agenzia la cui interpretazione è apparsa in dottrina particolarmente problematica. Si tratta della questione relativa alla presenza o meno di disposizioni, all'interno della direttiva 2008/104/CE, che impongano agli Stati membri di adottare discipline nazionali che contengano misure adeguate a preservare la natura temporanea del lavoro tramite agenzia.
La questione è piuttosto complessa se consideriamo le peculiarità di tale tipologia di lavoro. Infatti, la presenza di più rapporti tra le parti coinvolte all'interno del medesimo fenomeno complessivamente considerato rende necessario spingersi oltre l'eventuale riconoscimento del carattere essenziale della temporaneità. Per meglio dire, la sola identificazione di quest'ultimo non è sufficiente a comprendere di quale di quei rapporti, alla luce del diritto dell'unione, i legislatori nazionali debbano necessariamente preservare la natura temporanea.
Allo stesso tempo, chi scrive ritiene che il legislatore italiano – sebbene con orientamenti nel corso del tempo variabili – non abbia mai saputo approfittare delle pur numerose occasioni di riforma dell'istituto per offrire agli interpreti elementi normativi utili al dibattito. Al contrario, la scelta di legare a doppio filo la disciplina della somministrazione di lavoro a quella del contratto a tempo determinato, a volte in maniera di cui si fa estrema fatica a rintracciare la ragionevolezza, ha probabilmente contribuito ad accentuare alcuni dei maggiori fraintendimenti (si veda, in particolare, R. De Luca Tamajo, F. Paternò, Somministrazione di lavoro, in ...
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