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Estremi:
Cassazione civile, 2021,
  • Fatto

    SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

    1. La Corte d'Appello di Brescia, con la sentenza n. 328 del 2019, ha rigettato l'appello proposto dalla società Ryanair DAC, nei confronti della Federazione Italiana Lavoratori dei Trasporti - FILT CGIL di (OMISSIS), avverso l'ordinanza n. 1586 del 2018, emessa tra le parti dal Tribunale di Bergamo.

    2. Espone il giudice di appello che la FILT CGIL di (OMISSIS) aveva convenuto in giudizio la società Ryanair DAC, ai sensi del procedimento speciale di cui al D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 28 e dell'art. 702 bis c.p.c., dinanzi al Tribunale di Bergamo, per ottenere l'accertamento del carattere discriminatorio - e la correlata tutela legale (risarcitoria e in forma specifica) - della clausola contrattuale, inserita nel contratto di lavoro del personale di cabina degli aeromobili impiegato dalla società e definita "Estinzione del contratto".

    Quest'ultima era volta ad impedire a detto personale di cabina di effettuare interruzioni di lavoro o qualunque altra azione sindacale, escludere che la società datrice di lavoro e le società di mediazione contrattino e riconoscano qualunque sindacato dello stesso personale, impedire azioni collettive di qualsiasi tipo, pena l'annullamento e l'inefficacia del contratto e la perdita di qualunque incremento retributivo o indennitario, o di cambio turno; nonché della condotta della società e della prassi aziendale di escludere qualsiasi rapporto con le organizzazioni sindacali inibendo allo stesso personale l'affiliazione collettiva e rivendicazioni collettive. Ryanair non aveva rapporti con le organizzazioni sindacali italiane e anche con le organizzazioni sindacali degli altri Stati dell'Unione Europea, e l'amministratore della società aveva avallato pubblicamente tale prassi aziendale.

    3. Il Tribunale di Bergamo ha accolto il ricorso, e ha dichiarato il carattere discriminatorio del comportamento tenuto dalla società in relazione alla suddetta clausola...

  • Diritto

    RAGIONI DELLA DECISIONE

    1. Con il primo motivo di ricorso è dedotta la violazione dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1: carenza di giurisdizione del giudice italiano.

    1.1. Assume la ricorrente che la giurisdizione deve essere determinata in base all'art. 21 del regolamento UE n. 1215/2012, che stabilisce la regola per stabilire la giurisdizione con riguardo alle controversie in materia di lavoro, e non in base all'art. 7, punto 2, del medesimo regolamento, che regola gli illeciti civili dolosi o colposi.

    1.2. Erroneamente, la Corte d'Appello ha qualificato la responsabilità del datore di lavoro in termini di responsabilità da atto illecito, poiché aveva agito in giudizio il sindacato, che non era legato da rapporto di lavoro con la società, a tutela di un interesse collettivo.

    1.3. Ad avviso della ricorrente andava considerato che la presunta condotta discriminatoria riguardava la collettività dei lavoratori, ed era ontologicamente legata ai rapporti di lavoro dei dipendenti, dal momento che la discriminazione sarebbe avvenuta con riferimento ai criteri di assunzione dei dipendenti medesimi, nonché alle condizioni di lavoro degli stessi.

    Il sindacato agiva per una discriminazione fatta valere non nei propri confronti ma nei confronti dei lavoratori (seppure considerati collettivamente) ed agiva nei confronti della società in quanto datrice di lavoro. Anche laddove il giudice di appello affermava che il sindacato agiva per la violazione della libertà sindacale e i principi di uguaglianza e di parità di trattamento, era evidente che si riferiva a libertà e principi che riguardavano non il sindacato ma i lavoratori.

    1.4. In ogni caso il luogo in cui l'evento dannoso era avvenuto o poteva avvenire non era l'Italia.

    Il personale in questione presta attività prevalentemente a bordo degli aeromobili, che ai sensi della Convenzione conclusa a Chicago il 7 dicembre 1944, relativa...

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