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Estremi:
Cassazione civile, 2020,
  • Fatto

    FATTI DI CAUSA

    1. La Corte di appello di Catanzaro ha confermato la sentenza del Tribunale di Cosenza che aveva respinto l'opposizione proposta da Trenitalia s.p.a. avverso il decreto con il quale B.A. aveva ingiunto il pagamento della somma di Euro 44.357,79 in base alla sentenza dello stesso Tribunale, confermata dalla Corte di appello, che accertata tra le parti una intermediazione fittizia di manodopera, aveva condannato la società al pagamento delle differenze retributive maturate dal maggio 1998 al luglio 2002.

    2. Per quanto qui interessa, con riguardo alla computabilità a fini retributivi delle c.d. carte di libera circolazione (C.L.C.) ed alle modalità di calcolo delle relative voci, il giudice di secondo grado ha ritenuto che la società nel proporre l'opposizione al decreto ingiuntivo aveva contestato l'an della computabilità della voce e non anche il quantum.

    3. Conseguentemente ha ritenuto inammissibile in appello le censure attinenti alla quantificazione formulate solo in quel grado di giudizio, tenuto conto del fatto che su di esse aveva statuito la sentenza sulla base della quale il decreto ingiuntivo era stato emesso.

    4. Ha quindi rammentato che anche le mere liberalità hanno nel rapporto di lavoro la loro causa tipica e normale e fanno perciò parte della retribuzione evidenziando che le carte di libera circolazione sono connaturate al rapporto di lavoro come forma di compartecipazione all'utile aziendale e, perciò, sono computabili ai fini della determinazione delle differenze retributive.

    5. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso Trenitalia s.p.a. affidato a cinque motivi ai quali ha resistito con controricorso B.A.. Originariamente fissata la decisione in camera di consiglio la causa, in vista della quale la società ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell'art. 380 bis.1 c.p.c., la causa è stata poi rinviata a nuovo ruolo e fissata per la decisione...

  • Diritto

    RAGIONI DELLA DECISIONE

    6. Con il primo motivo di ricorso è denunciata la violazione e falsa applicazione della L. 21 novembre 1955, n. 1108, artt. 1 e 7 della L. 28 febbraio 1986, n. 41, art. 10, comma 15 in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Ad avviso della società ricorrente erroneamente la Corte di appello ha riconosciuto il diritto del lavoratore all'inclusione del controvalore della Carta di libera circolazione tra le voci retributive da prendere in considerazione nel calcolo delle differenze spettanti al lavoratore in attuazione della sentenza passata in giudicato che aveva accertato l'interposizione fittizia, l'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato ab origine con la società Ferrovie dello Stato, oggi Trenitalia, ed aveva condannato la società ad erogare al lavoratore le differenze retributive a lui spettanti. La società ricorrente - ricostruita la disciplina delle Carte di libera circolazione, originariamente rientranti tra le concessioni di viaggio previste dalla L. 21 novembre 1955, n. 1108 e, successivamente alla privatizzazione delle Ferrovie dello Stato, disciplinate dalla contrattazione collettiva anche aziendale, ed in particolare dall'Accordo di confluenza del 16 aprile 2003 e del 25 novembre 2003 - osserva che nel periodo oggetto della domanda proposta in giudizio le disposizioni collettive invocate, intervenute successivamente, non erano ancora vigenti.

    7. Con il secondo motivo la società ricorrente deduce che, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 e con violazione dell'art. 115 c.p.c., la sentenza ha posto a fondamento della sua decisione prove insussistenti atteso che prima dell'accordo di confluenza del 2003 non vi era alcun accordo che prevedesse il riconoscimento delle carte di libera circolazione.

    8. Il terzo motivo di ricorso censura la sentenza per avere, in violazione e falsa applicazione degli artt. 112,115,416 e 437 c.p.c. ed in relazione all'art. 360 c.p.c.,...

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