Il licenziamento ingiustificato del dirigente non va impugnato a pena di decadenza
Il licenziamento ingiustificato del dirigente non va impugnato a pena di decadenza
Il caso
Un dirigente agisce per il riconoscimento dell'“ingiustificatezza” del licenziamento intimatogli dal datore di lavoro e per il pagamento dell'indennità supplementare; il giudice di primo grado rileva l'intervenuta decadenza di cui all'art. 6 della l. 15 luglio 1966, n. 604, come sostituito dall'art. 32, comma 1, della l.4 novembre 2010, n. 183, non avendo il lavoratore provveduto ad impugnare il recesso nei termini previsti dalla citata norma. L'appello proposto dal dirigente viene accolto dal giudice di secondo grado che dichiara tempestiva l'impugnativa, sul presupposto che l'art. 32, comma 2, della predetta legge (ove è previsto che “Le disposizioni di cui all'articolo 6, primo comma, della legge 15 luglio 1966, come modificato dal comma 1 del presente articolo, si applicano anche a tutti i casi di invalidità del licenziamento”) ha esteso il regime decadenziale a tutti i casi rientranti nella categoria dell'invalidità del licenziamento, cui rimane estranea la mera “ingiustificatezza”. La Cassazione, confermando la pronuncia del giudice di appello, rigetta il ricorso del datore di lavoro sul punto.
La questione
La questione in esame è la seguente: nel rapporto di lavoro dirigenziale, l'azione volta al riconoscimento della “ingiustificatezza” del licenziamento è assoggettata al regime di decadenza di cui all'art. 6 della l. n. 604 del 1966 (che prevede il termine di sessanta giorni per l'impugnativa stragiudiziale del recesso e quello successivo di centottanta giorni per il deposito del ricorso giudiziale nella cancelleria del tribunale), così come sostituito dall'art. 32, comma 1, della l. n. 183 del 2010?
Le soluzioni giuridiche
La S.C. dà al quesito...
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