Con ricorso ex art.414 Cod.Proc.Civ. depositato in data 06.05.2013, C.M. si è rivolta a questo Tribunale, in funzione di giudice del lavoro, e, premesso di aver lavorato alle dipendenze dello Studio commerciale D.S.D. dal 03.05.1994 al 30.10.2012, con mansioni di impiegata ed inquadramento al 3° livello C.C.N.L. Studi professionali - Consilp, con contratto di lavoro prevedente la trasformazione a partire dall'01.05.1996 del precedente rapporto di formazione e lavoro in quello di lavoro subordinato a tempo pieno (poi trasformato a tempo parziale dall'01.07.2018), ha dedotto di aver ricevuto lettera di licenziamento, in data 31 ottobre 2012, pervenutale il 05.11.2012 motivata con un generico riferimento ad una "drastica riduzione" subita dal settore paghe ove la ricorrente svolgeva mansioni di impiegata di concetto "a seguito della crisi economica che ha investito anche il nostro settore". Ha pertanto chiesto dichiararsi l'illegittimità del licenziamento intimato in data 31 ottobre 2012, per genericità della motivazione addotta, per mancanza di giustificato motivo oggettivo e per violazione dell'obbligo di repechage, con condanna di D.S.D., in via gradata, al pagamento di un'indennità risarcitoria onnicomprensiva determinata in considerazione della gravità della violazione formale commessa dallo stesso, nella misura di dodici mensilità o diversa ritenuta di giustizia, ovvero, in sostituzione della reintegrazione della lavoratrice nel posto di lavoro precedentemente occupato, al pagamento in suo favore di un'indennità risarcitoria pari a quindici mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, oltre che al pagamento di un'indennità risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto, dal giorno del licenziamento a quello in cui sarebbe dovuta avvenire la reintegrazione (di cui l'attrice chiedeva la sostituzione con l'indennità prevista dall'art.18, co.3, L.300/70), o, infine, previa declaratoria che il...
Le domande proposte in ricorso, attesane l'eterogeneità, richiedono una trattazione separata.
- IMPUGNATIVA DI LICENZIAMENTO -
La ricorrente ha impugnato il licenziamento, intimatole con la lettera del 31.10.2012, deducendone in primis il vizio di natura formale consistente nel difetto di motivazione e poi quello sostanziale, di carenza del giustificato motivo addotto dal datore di lavoro.
Al fine di valutare la prima deduzione si riporta il testo della lettera di licenziamento: "A seguito della crisi economica che ha investito anche il nostro settore, siamo spiacenti di comunicarLe il suo licenziamento, come già comunicato verbalmente nel mese di luglio corrente anno, in quanto il settore paghe, ove Lei svolgeva le mansioni di impiegata di concetto, ha subito una drastica riduzione e non si intravvedono segnali di ripresa".
È noto che, a seguito della modifica apportata all'art.2 della legge 15 luglio 1966, n.604, sulla disciplina dei licenziamenti individuali, dalla legge 28 giugno 2012, n.92, il licenziamento deve essere intimato, oltre che con atto scritto (come già previsto dalla norma novellata nel testo originario), anche con contestuale specificazione dei relativi motivi, i quali, nella dizione iniziale della norma, era invece indispensabile che fossero comunicati dal datore di lavoro, pena l'inefficacia del licenziamento, solo se richiesti dal lavoratore entro il termine di giorni 8 (poi elevati a 15) dalla comunicazione di questo.
Deve ritenersi che la motivazione del recesso datoriale - il cui onere è imposto, secondo l'opinione unanime di dottrina e di giurisprudenza, al fine di consentire il controllo di non arbitrarietà del provvedimento ed assicurare l'immutabilità dei motivi attraverso un atto successivi alla comunicazione del recesso -, per poter ritenersi valida, deve essere tale da consentire al lavoratore di apprendere nei suoi...
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