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Estremi:
Corte appello Brescia, 2019,
  • Fatto

    SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

    Con ricorso ex art. 28 D. Lgs. 150/11 e art. 44 D.lgs. 286/98 depositato in data 3 luglio 2015, K-Pax società cooperativa - Onlus, Associazione Puerto Escondido - L'altro e A.S.G.I. Associazione Studi Giuridici sull'Immigrazione avevano convenuto Federica Epis avanti al Tribunale di Brescia al fine di 1) far dichiarare il carattere discriminatorio e/o molesto ai sensi dell'art. 2 D.Lgs. 215/2003 del comportamento, infra meglio descritto, tenuto dalla convenuta; 2) sentirla condannare al pagamento a favore di ogni ricorrente di una somma non inferiore ad E 5.000,00, a titolo di risarcimento per il danno non patrimoniale; 3) far ordinare alla convenuta la cessazione immediata del comportamento, la pubblicazione del provvedimento con modalità che ne garantiscano la visibilità nonché l'adozione di un piano di rimozione idoneo a prevenire il futuro ripetersi di simili episodi.

    I ricorrenti avevano infatti contestato che, in data 12/06/2015, Federica Epis avesse postato sulle proprie pagine Facebook una fotografia del quotidiano Bresciaoggi avente ad oggetto l'elenco di vari soggetti gestori di progetti di accoglienza di cittadini stranieri, tra i quali K-Pax e Puerto Escondido, allegando il seguente commento: “Questo è l'elenco di tutte le cooperative e fondazioni e altri operatori che con la faccetta misericordiosa di chi fa la beneficenza stanno invece LUCRANDO sul traffico di clandestini”... “questi enti prendono PIÙ DI 1000 EURO AL MESE PER OGNI IMMIGRATO! Tutti soldi nostri, ma se il Governo proprio vuole usare i nostri soldi per mantenere qualcuno, che mantenga i suoi cittadini almeno, non quelli dell'Africa!”.

    I ricorrenti, dunque, sostenevano:

    - che il post rientrasse nella nozione di “molestia” ex art. 2 co.3 D.lgs. 215/03 in quanto suscettibile di determinare un clima umiliante, offensivo, ostile a causa a) del suo carattere...

  • Diritto

    MOTIVI DELLA DECISIONE

    L'appellante espone le proprie ragioni articolandole in quattro motivi.

    In prima battuta, è logicamente opportuno discostarsi dall'impostazione data all'atto di citazione d'appello per volger subito l'attenzione al terzo tema di doglianza, il cui ipotetico accoglimento avrebbe effetto assorbente per le rimanenti lamentele.

    Con tale censura, dunque, si critica la “carenza di legittimazione attiva delle ricorrenti appellate”: il patrocinio della Signora Ep. sostiene che non sussistano, in capo alle odierne appellate, i presupposti di cui ai numeri 1(delega espressa) e 3 (discriminazione collettiva) dell'art. 5 D.Lgs. 215/2003.

    Il motivo non è meritevole di accoglimento.

    L'assenza della “delega espressa rilasciata, a pena di nullità, per atto pubblico o scrittura privata autenticata, in nome e per conto o a sostegno del soggetto passivo della discriminazione”, prevista dall'art. 5 co. 1, non è infatti elemento rilevante, dal momento che tale comma si riferisce alla discriminazione di soggetti passivi specifici, singolarmente individuabili.

    Il post in esame, invece, riferendosi con il termine “clandestini” al gruppo indeterminato dei richiedenti asilo e non essendo dunque individuabili in modo diretto e immediato le persone lese dalla discriminazione, corrisponde piuttosto alla fattispecie della discriminazione collettiva prevista al comma terzo.

    Va da sé che, non essendo possibile che un gruppo indeterminato di individui rilasci una delega espressa che rispetti le forme richieste, l'unico requisito della legittimazione che residua in caso di discriminazione collettiva è l'iscrizione dell'ente nell'apposito elenco approvato con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali e del Ministro per le pari opportunità, requisito questo...

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