Il caso
La controversia trae origine da una impugnativa di licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo, respinta all'esito dei due gradi di merito, sul presupposto, da un lato, della accertata sussistenza di una grave crisi economica ed organizzativa dell'impresa, e, dall'altro, della impossibilità di ricollocare utilmente il lavoratore nell'organico aziendale in posizioni lavorative compatibili con la sua professionalità, desunta implicitamente dalla insussistenza dei posti di lavoro alternativi che il lavoratore, pur senza esservi tenuto, aveva segnalato come disponibili.
La questione
La questione da esaminare è accertare se, nella verifica circa la sussistenza della impossibilità del repêchage, possa riconoscersi un ruolo, sia pur a livello implicito e di prova presuntiva, alla segnalazione proveniente dal lavoratore, rivelatasi infondata, circa la sussistenza di posizioni lavorative alternative disponibili e compatibili con la sua professionalità.
In particolar modo, il problema da risolvere è se, una volta che siano risultate insussistenti le possibilità di repêchage indicate dal lavoratore, possa implicitamente presumersi, ed in che limiti, che il lavoratore non sia altrimenti utilizzabile in azienda.
Le soluzioni giuridiche
Come è noto, gli estremi del giustificato motivo oggettivo di licenziamento non devono intendersi limitati alla soppressione in sé di un posto di lavoro per le ragioni di cui all'art. 3, l. n. 604 del 1966, ma devono estendersi anche all'assolvimento, da parte del datore di lavoro, dell'obbligo di repêchage ed al rispetto dei criteri di correttezza e buona fede nell'individuazione in concreto del lavoratore da licenziare (v. Cass., sez. lav., 23 febbraio 2012, n....
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