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Estremi:
Cassazione civile, 2018,
  • Fatto

    SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

    1) Con sentenza del 16.7.2013 la Corte d'Appello di Milano ha respinto il gravame di Ansaldo Energia spa avverso la sentenza del Tribunale di Milano che, accogliendo in parte le domande di B.E., ha accertato la responsabilità della Breda spa, poi incorporata nel gruppo Ansaldo Energia spa, di cui il B. era stato dipendente, dal 1965 come impiegato e poi sino al 1995 come dirigente, nella causazione della malattia professionale di mesotelioma pleurico, condannandola al risarcimento del danno biologico, per il resto respingendo la domanda.

    2) La corte territoriale ha ritenuto infondato l'appello principale con riferimento all'eccezione di improponibilità della domanda per intervenuta conciliazione transattiva, sottoscritta nel 1995 in sede sindacale ed in epoca largamente anteriore rispetto alla diagnosi della malattia; ha escluso il difetto di legittimazione passiva D.Lgs. n. 38 del 2000, ex art. 13, per il risarcimento del danno biologico, stante la copertura assicurativa, trattandosi di danno ben superiore a quello indennizzato dall'istituto assicuratore ed essendo stata detratta la rendita Inail dall'importo liquidato.

    3) Quanto al rapporto di causalità tra l'esposizione all'ambiente e la responsabilità dell'Ansaldo, la corte milanese ha ritenuto che l'istruttoria svolta nel giudizio di primo grado attraverso la CTU e anche attraverso testimonianze raccolte in altri giudizi relativi sempre allo stesso ambiente di lavoro, le quali avevano posto in evidenza l'insufficienza del mezzi di protezione resi obbligatori per la presenza di polveri prodotte dalle lavorazioni, la cui dannosità era emersa nel tempo, avesse consentito di ritenere soddisfatto l'onere probatorio del B. circa la relazione causale tra la sua attività lavorativa e le condizioni espositive ambientali dirette ed indirette, essendo egli stato a stretto contatto con le specifiche lavorazioni che utilizzavano coibentazioni in amianto, in particolare...

  • Diritto

    MOTIVI DELLA DECISIONE

    5) I motivi di ricorso hanno riguardato: 1^) la violazione del D.Lgs. n. 38 del 2000, art. 13 e del D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 10, per avere la corte territoriale omesso di procedere all'accertamento del fatto-reato commesso da Ansaldo ai fini dell'esonero dalla responsabilità civile, non avendo il B. assolto gli oneri di allegazione e prova della responsabilità datoriale in termini di configurabilità di reato perseguibile d'ufficio; 2^) la violazione e falsa applicazione degli artt. 2113,1362 c.c., artt. 401,411 c.p.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la corte di merito erroneamente escluso l'eccezione di improponibilità dell'azione per intervenuta conciliazione giudiziale sottoscritta in sede sindacale nel 1995 e dunque non soggetta alle limitazioni di cui all'art. 2113 c.p.c., in punto di non negoziazione di diritto inderogabili; 3^) la violazione degli artt. 2087,1218,2697 c.c. e del D.P.R. n. 303 del 1956, art. 21, dell'art. 115 c.p.c., per avere la corte omesso una valutazione della legislazione anche comunitaria in materia di amianto e della sua pericolosità con riguardo alla patologia tumorale del mesotelioma derivante da inalazione di amianto e per non aver tenuto conto della funzione norma di chiusura di cui all'art. 2087 c.c. e della conoscenza già negli anni 70 della sua mortale nocività; 4^) la violazione degli artt. 40 e 41 c.p., oltre che dell'art. 1223 c.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3: avrebbe errato la corte nel non considerare la mancanza di prova sia con riferimento alla circostanza che B. avesse inalato le fibre di amianto, poi mortali, a causa esclusivamente della condotta inadempiente di Ansaldo, consapevolmente diretta a non apprestare le misure antinfortunistiche idonee a prevenire l'insorgere della malattia, sia con riferimento al fatto che le misure imposte dalla legislazione vigente all'epoca del contatto da parte del dipendente B. con le fibre di...

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