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Il Jobs Act è incostituzionale: ecco perché

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  • Sommario

  • In una vicenda che coinvolge la persona del lavoratore nel momento traumatico della sua espulsione dal lavoro, la tutela risarcitoria non può essere ancorata all'unico parametro dell'anzianità di servizio, dovendosi offrire al prudente discrezionale apprezzamento del giudice molteplici criteri di valutazione.

     

    Quotidiano del 9 novembre 2018

     

    Lo ha stabilito la Corte Costituzionale, con la sentenza n.194, depositata l'8 novembre 2018.

    La disciplina impugnata. Con ordinanza del 26 luglio 2017, il Tribunale di Roma ha sollevato le questioni di costituzionalità della disciplina legislativa con la quale, nell'ambito della riforma del diritto del lavoro nota come 'Jobs Act', è stato introdotto il c.d. contratto di lavoro a tempo indeterminato 'a tutele crescenti' per le nuove assunzioni, allo scopo dichiarato di superare l'art. 18 dello statuto dei lavoratori ed, al contempo, rilanciare la diffusione del contratto a tempo indeterminato (artt. 2,3 e 4 d.lgs. n. 23/2015).

    Le disposizioni impugnate applicabili ai lavoratori assunti a tempo indeterminato dopo il 7 marzo 2015 hanno circoscritto l'ambito di applicazione della tutela reale, prevedendo il diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro soltanto in caso di licenziamento nullo, discriminatorio o inefficace perché intimato oralmente, indipendentemente dal motivo formalmente addotto dal datore (art. 2, comma 1). Al di fuori di queste ipotesi, il recesso datoriale sprovvisto di giusta causa o di giustificato motivo (oggettivo o soggettivo) determina, comunque, l'estinzione del rapporto di lavoro: il lavoratore non ha diritto alla reintegra, ma solo al pagamento di un'indennità di importo pari a 2 mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a 4 e non superiore a 24 mensilità (art. 3, comma 1).

    Recentemente, con il d.l. n. 87/2018 (c.d. 'decreto...

 

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