Il licenziamento intimato a causa del perdurare delle assenze per malattia o infortunio del lavoratore, ma prima del superamento del periodo massimo di comporto fissato dalla contrattazione collettiva, dagli usi o secondo equità, è nullo per violazione della norma imperativa di cui all'art. 2110, comma 2, c.c..
Quotidiano del 23 maggio 2018
Così le Sezioni Unite con la sentenza n. 12568/18, depositata il 22 maggio.
Inefficacia o nullità del licenziamento esercitato durante la malattia? Il dubbio interpretativo circa la validità del licenziamento intimato durante la malattia è frutto di due differenti orientamenti della Suprema Corte. Il primo considera inefficace il licenziamento comminato in costanza di malattia, postergandone la validità alla cessazione dell'evento morboso; il secondo sostiene la nullità del licenziamento irrogato prima che si esaurisca il periodo di comporto.
Solo allo spirare del periodo di comporto il datore può recedere per l'infortunio o la malattia del dipendente. La sentenza conferma che il recesso datoriale esercitato col differimento della sua efficacia alla consumazione del periodo di comporto è sempre nullo: la teoria generale del negozio giuridico esclude che reiterate assenze per malattia del dipendente possano integrare un giustificato motivo oggettivo di licenziamento. Ammettere la liceità di un licenziamento di questo tipo sarebbe come introdurre un'autonoma fattispecie di licenziamento 'acausale', disposto al di fuori delle ipotesi previste dall'attuale disciplina (giusta causa, giustificato motivo oggettivo o soggettivo, lavoratori in prova, dipendenti domestici, dirigenti, lavoratori ultrasessantenni coi requisiti di accesso alla pensione di vecchiaia).
La tutela della salute del dipendente costituisce norma imperativa: la...
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