1. La pronuncia della sez. IV della Cassazione si inserisce nel secondo filone processuale, relativo alle vicende giudiziarie che hanno interessato il polo chimico Montefibre di Pallanza, e originato dalla accusa per omicidio colposo nei confronti di 11 persone, ex amministratori e direttori, per la morte di 17 dipendenti per tumore polmonare e mesotelioma pleurico (oltre che dalle ulteriori accuse di lesioni personali per placche pleuriche e di un caso di tumore vescicale). Anche in questo caso, come nella maggior parte dei processi da amianto, ci troviamo di fronte ad esiti difformi dei giudizi di merito: assoluzione in primo grado e condanna nel giudizio di appello. La sentenza, nell'annullare con rinvio la pronuncia dell'A. Torino, si sofferma su numerose tematiche di interesse che, per ragioni di spazio, non è possibile esaminare nel loro complesso (1). Limiteremo quindi l'oggetto delle seguenti note alle questioni che ruotano intorno all'accertamento del nesso di causalità, affrontato dalla Corte con riferimento, da un lato, al tema della complessa relazione tra prova scientifica e giudizio penale e, dall'altro, alla corretta metodologia dell'accertamento della causalità, nel rispetto del procedimento bifasico (verifica della causalità generale ed individuale). I due aspetti della questione sono in effetti distinti ma strettamente collegati. Le difficoltà di accertamento del nesso causale, nei casi di malattie professionali e soprattutto di malattie asbesto-correlate, sono note; i sempre più numerosi e approfonditi tentativi volti alla definizione di una soluzione soddisfacente, sia in dottrina che in giurisprudenza, pur avendo pregevolmente chiarito e razionalizzato in qualche modo i termini della questione, non sono riusciti a...
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