1. Un istituto di credito sottoponeva a pignoramento presso terzi gli emolumenti che il proprio debitore aveva maturato nei confronti di due società per azioni, nelle quali egli rivestiva rispettivamente la carica di amministratore unico e di consigliere d'amministrazione. Il giudice dell'esecuzione assegnava all'istituto di credito l'intera somma pignorata, ritenendo che il rapporto tra l'amministratore e la società fosse di natura autonoma ed escludendo, quindi, che detta somma potesse essere pignorata soltanto nei limiti di un quinto del totale ex art. 545 c.p.c. Il Tribunale investito dell'opposizione all'esecuzione statuiva, invece, che il rapporto tra l'amministratore e le società terze pignorate fosse di natura cd. parasubordinata e, in riforma dell'ordinanza impugnata, limitava l'assegnazione ad un quinto delle somme accantonate dalle società a seguito del pignoramento. La Suprema Corte, adita per la cassazione di quest'ultima decisione, dopo una compiuta ricognizione degli orientamenti dottrinari e giurisprudenziali formatisi sulla questione, rimedita il proprio precedente indirizzo espresso a Sezioni Unite, affermando che il consigliere d'amministrazione di una società per azioni è legato a quest'ultima da un rapporto di tipo societario che, in considerazione dell'assenza del requisito della coordinazione e della presenza di una immedesimazione organica tra persona fisica ed ente, non può rientrare nei rapporti di cui all'art. 409, n. 3, c.p.c.

2. L'inquadramento giuridico del rapporto che lega l'amministratore alla società di capitali costituisce da sempre una vexata quaestio rispetto alla quale si sono fronteggiati due opposti orientamenti. Da un lato la teoria cd. organica, secondo cui la figura dell'amministratore è giuridicamente inscindibile da quella della società che egli amministra, e ciò in ragione del rapporto d'immedesimazione organica che esiste tra il primo e la...