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Estremi:
Cassazione civile, 2017,
  • Fatto

    FATTI DI CAUSA

    1. La Corte di Appello di Ancona, con sentenza del 22 gennaio 2015, in riforma della pronuncia di primo grado, ha respinto l'impugnativa della sanzione conservativa e del licenziamento disciplinare irrogati dalla Polo Elettroforniture Spa ad C.E..

    Quanto alla sanzione della sospensione dal lavoro per cinque giorni inflitta perchè "durante il periodo di malattia dal (OMISSIS) il ricorrente giocava regolarmente al calcio", la Corte territoriale, esaminato il materiale probatorio acquisito, ha ritenuto che da esso si traesse "o la conferma della insussistenza di una condizione medica o della volontaria esposizione al rischio di aggravamenti della condizione patologica".

    Circa il licenziamento la Corte ha ritenuto "incontestata la sussistenza materiale della condotta contestata, consistita nell'invio, dal computer aziendale, di una serie di undici e-mail nel periodo dal 22.6 al 4.8.2010... in esse si reiterano espressioni scurrili nei confronti del legale rappresentante della società e di altri collaboratori, qualificandoli di inettitudine e scorrettezza con l'uso di espressioni inurbane, e si qualifica negativamente l'azienda come tale".

    In ordine alle "eccezioni formali sollevate dal lavoratore circa le modalità di acquisizione del testo dei messaggi di posta elettronica", la Corte ha escluso che detti dati fossero stati illegittimamente acquisiti.

    2. Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso C.E. con tre motivi. Ha resistito la società Elettroveneta Spa, incorporante per fusione Polo Elettroforniture Spa, con controricorso.

  • Diritto

    RAGIONI DELLA DECISIONE

    1. Con il primo motivo si denuncia "nullità della sentenza per motivazione apparente (manifesta illogicità e contraddittorietà) - Omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 5"; si critica la sentenza impugnata per avere ritenuto legittima la sanzione conservativa, evidenziando "come l'attività calcistica praticata dal ricorrente non era affatto di natura agonistica e lo stesso ricorrente non percepiva una retribuzione, ma bensì un semplice rimborso spese di circa 500 - 600 Euro al mese" e sostenendo che la società datrice non aveva contestato nè la presunta simulazione della malattia, nè il possibile aggravamento in previsione del pieno recupero delle energie psico-fisiche da parte del dipendente.

    Il motivo è inammissibile perchè investe l'accertamento di fatto sostenuto da congrua motivazione della Corte del merito circa la ritenuta insussistenza della condizione patologica legittimante l'astensione dal servizio o comunque la volontaria esposizione al rischio di aggravamenti di detta condizione, con censure formulate da parte ricorrente ben oltre i limiti consentiti dal novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come rigorosamente interpretato da Cass. SS.UU. nn. 8053 e 8054 del 2014 (successive conf. v. Cass. SS.UU. n. 19881 del 2014; n. 25008 del 2014; n. 417 del 2015).

    Quanto alla pretesa omessa contestazione dell'addebito il motivo difettai di autosufficienza poichè non riporta in esso il contenuto specifico del documento rilevante, nè indica ove lo stesso sia reperibile ai fini del giudizio di legittimità.

    2. Con il secondo mezzo si denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione al carattere dell'immediatezza della contestazione disciplinare di cui alla L. n. 300 del 1970, art. 7, commi 3 e 4.

    Si lamenta che detta contestazione sarebbe stata inviata...

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