Con ricorso ex art. 28 L. n. 300/1970 depositato il 24.3.2016 la FILT – Federazione Italiana Lavoratori Trasporti – Federazione Provinciale di Biella, in persona del suo Segretario Lo. SA. BO. evocava in giudizio avanti il Tribunale di Biella la A.T.A.P. Spa – Azienda Trasporti Automobilistici Pubblici delle Province di Biella e Vercelli (da qui in avanti solo ATAP) chiedendo che venisse dichiarata l'antisindacalità del comportamento della stessa consistente (a) nell'avere avviato nei confronti del SA. BO. un procedimento disciplinare e successivamente nell'avere irrogato allo stesso un provvedimento disciplinare per fatti verificatisi nel corso di una riunione nella quale lo stesso SA. BO. era intervenuto quale Segretario Provinciale della FI. di Biella e (b) nell'avere rivolto al SA. BO. frasi dal contenuto ambiguo e tali comunque da poter essere interpretate come volte a limitare la sua attività sindacale, instando altresì affinchè venisse ordinata alla ATAP la cessazione della condotta antisindacale (con l'annullamento del procedimento disciplinare avviato nei confronti del SA. BO. e la revoca della sanzione inflittagli) e disposta la pubblicazione in luogo accessibile a tutti nonchè sui "bisettimanali locali" dell'emanando decreto di repressione della condanna antisindacale.
Si costituiva l'ATAP con memoria del 4.4.2016 chiedendo che il ricorso ex art. 28 St. Lav. venisse dichiarato inammissibile o infondato.
Senza lo svolgimento di attività istruttoria il Tribunale di Biella con decreto pubblicato il 30.6.2016 respingeva il ricorso della FILT e compensava le spese processuali.
Proponeva opposizione la FILT con ricorso depositato il 15.7.2016, reiterando l'iniziale domanda e deducendo al riguardo, oltre all'insussistenza del potere disciplinare nei confronti del dipendente collocato in aspettativa ex art. 31 St. Lav. già dedotta nel ricorso precedente, che comunque diversa era la frase...
Dev'essere anzitutto respinta l'eccezione di inammissibilità dell'appello sollevata ex art. 434, co. 1, c.p.c. dall'ATAP sul rilievo che nel ricorso sarebbe stata omessa l'indicazione delle modifiche richieste alla ricostruzione del fatto compiuta dal primo giudice nonchè delle circostanze da cui deriva la violazione di legge e della loro rilevanza ai fini della decisione impugnata: l'atto d'appello, infatti, consente di individuare senza alcuna difficoltà le parti della sentenza di cui si chiede la riforma e contiene, in termini sufficientemente chiari, l'indicazione sia degli errori in cui il primo giudice - secondo l'appellante - sarebbe incorso nonchè della loro incidenza causale sulla decisione impugnata sia delle modifiche che alla stessa decisione vengono richieste.
Come del resto già osservato da questa Corte nella sentenza n. 324/13, richiamata dalla stessa ATAP nella memoria di questo grado, l'art. 434, 1. co., cit. come novellato nel 2012, pur ponendo a carico della parte appellante un più pregrante obbligo di motivare l'impugnazione, ha inteso mettere il giudice di appello nella condizione di comprendere bene quale decisione si pretende di ottenere e perchè, ma "di lasciare a questo – secondo la funzione da cui il legislatore non ha inteso certo espropriarlo – di corredare la sentenza dei motivi che appaiono più adeguati a sorreggere quella data soluzione" e la Cassazione, pronunciandosi sul punto, ha proprio escluso che la norma richieda per l'ammissibilità dell'appello che esso contenga "un progetto alternativo di sentenza", osservando testualmente che la disposizione in parola "non richiede che le deduzioni della parte appellante assumano una determinata forma o ricalchino la decisione appellata con diverso contenuto, ma impone all'appellante di individuare in modo chiaro ed esauriente il quantum appellatum, circoscrivendo il giudizio di gravame con riferimento agli specifici capi della...
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