Il caso
La sentenza in commento riguarda il caso di un ufficiale giudiziario che chiedeva la condanna dell’amministrazione datore di lavoro al risarcimento del danno biologico subito per effetto dell’essere stato adibito a mansioni incompatibili con il proprio stato di salute (era stata riscontrata una nevrosi), ed in particolare ad un orario di lavoro prolungato incompatibile con il proprio stato di salute. La Suprema Corte conferma le sentenze dei giudici di merito che avevano rigettato la richiesta risarcitoria in quanto mancava la prova del nesso causale fra insorgenza o aggravamento della patologia e nocività dell’ambiente di lavoro.
La questione
La questione affronta dalla sentenza in commento attiene alla disciplina della tutela della salute dei lavoratori di cui all’art. 2087 c.c., in particolare quanto alla ripartizione dell’onere della prova ed in merito al requisito della colpa del datore di lavoro.
Le soluzioni giuridiche
Come è noto l’art. 2087 c.c. impone al datore di lavoro l’obbligo di tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro e la conseguente responsabilità, derivante dalla violazione di tale precetto, ha natura contrattuale, perché il contenuto del contratto individuale di lavoro risulta integrato per legge (ex art. 1374 c.c) dalla disposizione che impone l’obbligo di sicurezza (art. 2087 c.c.), che entra così a far parte del ...
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