Il caso
Un lavoratore subordinato a tempo indeterminato, assunto nel giugno 1991, agiva in giudizio per far dichiarare l’illegittimità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo intimato nei suoi confronti, deducendo, tra l’altro, la propria adibizione ad una posizione lavorativa diversa da quella soppressa, l’insussistenza del motivo addotto dalla società datrice di lavoro a fondamento del recesso e l’insussistenza del nesso causale tra il motivo di licenziamento e la soppressione della posizione lavorativa da lui ricoperta.
Si costituiva in giudizio la società convenuta affermando, in particolare, di aver posto in essere una profonda ristrutturazione aziendale al fine di fronteggiare la situazione economica negativa in cui versava da anni e di aver quindi soppresso tutte le posizioni lavorative inerenti il reparto vendite dirette, compresa quella cui era addetto il ricorrente, sostituendo tali posizioni con l’assunzione di agenti plurimandatari, maggiormente motivati rispetto ai lavoratori subordinati, in termini idonei a far conseguire all’azienda un risparmio sui costi fissi.
Le questioni
La pronuncia qui in commento impone di affrontare la questione se l’andamento economico negativo dell’intera azienda possa essere legittimamente posto a base di un recesso per giustificato motivo oggettivo, anche ove non sia ravvisabile un nesso causale diretto fra il predetto andamento economico e la posizione lavorativa che si è deciso di sopprimere.
Le soluzioni giuridiche
Il dibattito in materia di giustificato motivo oggettivo è storicamente vario ed articolato, dato che, nel tempo, esso ha avuto modo di incentrarsi su di una pluralità di differenti questioni: da quella relativa...
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