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Estremi:
Cassazione civile, 2017,
  • Fatto

    FATTI DI CAUSA

    C.F. propone ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, nei confronti dell'Agenzia delle Entrate (che si costituisce al solo fine di partecipare all'udienza di discussione), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania n. 1866/34/2016, depositata in data 1/3/2016, con la quale - in controversia concernente l'impugnazione di avviso di accertamento emesso, a carico del contribuente, "titolare della ditta individuale "Studio di Architettura C.F.", per IRPEF, IRAP ed IVA dovute in relazione all'anno d'imposta 2007, a seguito di rideterminazione, D.P.R. n. 600 del 1973, ex artt. 32 e 38, del reddito imponibile, sulla base di indagini bancarie dalle quali erano emersi, secondo l'ufficio erariale, "prelevamenti e versamenti ingiustificati", è stata confermata la decisione di primo grado, che aveva respinto il ricorso del contribuente.

    In particolare, i giudici d'appello, nel respingere il gravame del contribuente, hanno sostenuto che il contribuente, tenuto, nel caso di accertamento basato su indagini finanziarie, a dimostrare "l'analitica riconciliazione tra il singolo movimento bancario, il documento giustificativo e la relativa annotazione nei libri contabili", in quanto "tutti gli importi non giustificati (entrate ed uscite) vanno considerati in nero", nella specie, si era "limitato a richiamare la propria contabilità professionale".

    A seguito di deposito di proposta ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l'adunanza della Corte in Camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti; il Collegio ha disposto la redazione della ordinanza con motivazione semplificata.

  • Diritto

    RAGIONI DELLA DECISIONE

    1. Il ricorrente lamenta, con unico motivo, la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, n. 2, D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, n. 2 e art. 2697 c.c., deducendo di avere, in sede di appello, a fronte della sentenza n. 228/2014 della Corte Costituzionale, intervenuta dopo la pubblicazione della decisione di primo grado, invocato la non applicabilità ai liberi professionisti (lavoratori autonomi) della "presunzione "prelievi non giustificati uguale ricavi o compensi non dichiarati" posta dall'Agenzia delle Entrate a fondamento della rettifica in contestazione", laddove i giudici della C.T.R. hanno disatteso i principi dell'onere probatorio (gravante sull'Amministrazione finanziaria), sia in relazione ai prelevamenti, in virtù dell'interpretazione data dalla Consulta, sía in relazione alle operazioni bancarie di versamento.

    2. La censura è fondata, nei sensi di cui appresso.

    Come di recente chiarito da questa Corte (Cass. 1519/2017): "La presunzione legale (relativa) della disponibilità di maggior reddito, desumibile dalle risultanze dei conti bancari a norma del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32, comma 1, n. 2, non è riferibile ai soli titolari di reddito di impresa o di reddito di lavoro autonomo, ma si estende alla generalità dei contribuenti come è reso palese dal richiamo, operato dal citato art. 32, anche all'art. 38 del medesimo D.P.R., riguardante l'accertamento del reddito complessivo delle persone fisiche (attinente ad ogni tipologia di reddito di cui esse siano titolari). La presunzione legale in oggetto si articola secondo due diverse modalità, distintamente previste nella prima e nella seconda parte, secondo periodo, comma 1 del citato art. 32: a) i "dati ed elementi" attinenti ai rapporti bancari possono essere utilizzati nei confronti di tutti i contribuenti destinatari di accertamenti previsti dal D.P.R. 29 settembre...

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