1. La Corte di appello di Roma, pronunziando sull'impugnazione della società Rete Ferroviaria Italiana, in parziale riforma della decisione di primo grado, ha respinto la domanda proposta da T.A.M., C.M. e Ca.Ma., quali eredi di C.R., intesa al pagamento delle retribuzioni maturate in favore del dante causa dal 24 agosto 1998 al 16 febbraio 2000, e rideterminato in Euro 50.000,00 la somma attribuita in primo grado a titolo di danno biologico sofferto dal dante causa, deceduto per effetto di neoplasia polmonare da asbesto contratta nell'espletamento dell'attività di lavoro per esposizione ad amianto.
1.1. Il giudice di appello, per quel che ancora rileva, ha ritenuto che la documentazione in atti deponeva per la piena consapevolezza dell'azienda in merito alla nocività della lavorazione alla quale era addetto il C. ed affermato, sulla base del principio dell'equivalenza causale, la sussistenza del nesso tra la patologia che lo aveva condotto alla morte e le lavorazioni alle quali era stato adibito; in ordine al danno biologico, escluso che il relativo risarcimento potesse essere parametrato alla diaria giornaliera per l'inabilità temporanea totale, rilevata la inadeguatezza del parametro tabellare, ha ritenuto, in via equitativa, adeguato un ristoro pari a Euro 50.000,00; in ordine alle conseguenze della comunicazione datoriale di estinzione del rapporto di lavoro, esclusa la formazione del giudicato sul punto, qualificato l'atto come espressione della volontà di recesso datoriale, ha ritenuto che nulla era dovuto in assenza di impugnazione del licenziamento da parte del lavoratore; ha evidenziato che ad analoghe conclusioni si sarebbe dovuti pervenire ove l'atto in questione fosse stato qualificato come mera comunicazione di estinzione di un rapporto in realtà valido ed efficace, frutto di errore della parte datoriale, non avendo il lavoratore formulato offerta alcuna...
1. Con il primo motivo di ricorso, articolato in più profili, parte ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 329 c.p.c. nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Censura la decisione per avere ritenuto che, con l'atto di gravame, la società Rete Ferroviaria Italiana avesse investito anche la statuizione di prime cure con la quale era stata condannata al pagamento delle retribuzioni maturate dalla data del recesso datoriale, fino al decesso del lavoratore.
2. Con il secondo motivo, anch'esso articolato in più profili, deduce violazione e falsa applicazione del D.L. n. 10 settembre 1998, n. 324, art. 1 nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo. Censura la decisione per avere qualificato la comunicazione di Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. quale licenziamento, con conseguente necessità di impugnazione dello stesso nel termine di sessanta giorni. Sostiene, infatti, che tale comunicazione andava qualificata come atto di collocamento a riposo d'ufficio del lavoratore per il pensionamento di vecchiaia di cui al D.L. 10 settembre 1998, n. 324, art. 1 collocamento a riposto intervenuto nonostante il lavoratore avesse manifestato la volontà di proseguire il rapporto di lavoro fino al compimento del settantesimo anno di età. In questa prospettiva deduce che la richiesta di proseguimento fino ai settanta anni configurava la messa a disposizione delle energie lavorative idonea a fondare il diritto alle retribuzioni.
3. Con il terzo motivo di ricorso deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 2043,2056,1223 e 1226 c.c. nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo, censurando la decisione per avere determinato in Euro 50.000 la somma riconosciuta a titolo di risarcimento del danno biologico. In particolare, si...
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