Con sentenza del 21 giugno 2012, la Corte d'Appello di Roma, confermava la decisione resa in sede di opposizione a decreto ingiuntivo dal Tribunale di Roma e rigettava la domanda proposta da Y.K. nei confronti della Edil Impianti S.r.l., avente ad oggetto la condanna di quest'ultima al pagamento della retribuzione dovutagli per il mese di aprile 2008.
La decisione della Corte territoriale discende dall'aver questa ritenuto insussistente il credito vantato, pari all'importo recato dall'ultima busta paga del mese di aprile 2008 non quietanzata dal lavoratore, per essere risultata provata, attraverso la produzione di una quietanza attestante il versamento in assegno di una somma corrispondente all'importo spettante a titolo di TFR e di una ulteriore somma in contanti eccedente il credito azionato, e, perciò, tale da giustificare il ricorso al medesimo documento da parte della Società per contrastare in altro giudizio la pretesa creditoria avanzata dallo stesso lavoratore a titolo di indennità per ferie non godute, l'eccepita estinzione del credito medesimo per intervenuto pagamento ed inammissibile in quanto nuova (per difetto di contestazione dell'importo recato dalla predetta busta paga, tale da presupporre l'acquiescenza alle indicazioni ivi inserite in ordine al numero delle giornate lavorate nel mese) la questione relativa al riconoscimento del credito vantato sulla base della diversa causa petendi, dedotta solo in sede di gravame, data appunto dal maggior numero di giornate lavorative svolte rispetto a quelle indicate dalla Società.
Per la cassazione di tale decisione ricorre il K., affidando l'impugnazione a due motivi, cui resiste, con controricorso, la Società.
Con il primo motivo, il ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione degli artt. 112,115,116 e 324 c.p.c. e art. 2733 c.c., lamenta l'erroneità del convincimento espresso dalla Corte territoriale circa la sicura imputazione a saldo del debito gravante sulla Società per la retribuzione del mese di aprile 2008 della somma che nella quietanza prodotta dalla Società stessa il ricorrente dichiara di aver da questa ricevuto in contanti.
Con il secondo motivo, denunciando la violazione degli artt. 1199 e 2697 c.c., lamenta la non conformità a diritto della riconosciuta valenza di attestazione di pagamento attribuita dalla Corte territoriale alla dichiarazione rilasciata dal ricorrente con il sottoscritto atto di quietanza.
Rilevata la palese infondatezza del secondo motivo, per non ravvisarsi alcuna violazione di legge nell'attribuzione del valore di quietanza a saldo alla dichiarazione sottoscritta dal ricorrente in calce alla fotocopia dell'assegno recante l'importo corrispondente alla somma poi esposta in busta paga sotto la voce TFR, dichiarazione attestante, in una con l'imputazione appunto a TFR della somma recata dall'assegno, il versamento in contanti di una ulteriore somma, non sussistendo alcun dubbio sul significato da attribuire alla predetta dichiarazione nel senso dell'avvenuta corresponsione dell'intera somma - residuando semmai il diverso problema dell'imputazione a saldo del debito retributivo della somma ricevuta in contanti, problema qui non a caso surrettiziamente riproposto, ma oggetto specifico del primo motivo - analogo rilievo deve formularsi relativamente a quest'ultimo.
In effetti, tutte le censure sollevate dal ricorrente in ordine alla statuizione resa dalla Corte territoriale circa la plausibilità dell'imputazione della somma in contanti ad estinzione del debito di importo inferiore recato dalla busta paga del mese di aprile del 2008 non...
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