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Estremi:
Cassazione civile, 2017,
  • Fatto

    RILEVATO

    1. Che con sentenza in data 5/05/2012 la Corte d'Appello di Firenze ha confermato la decisione del Tribunale di Livorno n. 568/2009, che aveva accolto la domanda di Z.M., dipendente del Ministero dell'Economia e delle Finanze - Agenzia delle Entrate, condannando l'Ente al pagamento di 80.324 Euro, a titolo di recupero delle retribuzioni non integralmente percepite dal dipendente negli anni dal 1995 al 2000, in conseguenza della sospensione cautelare disposta dall'amministrazione; che il lavoratore era destinatario di un rinvio a giudizio per l'imputazione di corruzione, per la quale, nel 2004, era intervenuta sentenza di proscioglimento per sopraggiunta prescrizione, divenuta irrevocabile nel 2006 a seguito di pronuncia della Corte di Cassazione;

    2. Che il giudice di prime cure, rilevato il superamento da parte dell'agenzia delle Entrate del limite quinquennale massimo di durata del potere cautelare, e constatato ancora che la sospensione non era stata avallata, nè da una sentenza penale di condanna, estintosi il reato per prescrizione, nè dall'attivazione di un procedimento disciplinare, essendo stato Z.M. collocato a riposo nel 2005, ossia prima della conclusione del processo penale, aveva ritenuto fondata la sua domanda alla restitutio in integrum riguardo alla retribuzione non percepita a causa del provvedimento cautelare, corrispondente alla differenza tra l'assegno alimentare e lo stipendio di qualifica;

    3. Che la Corte d'Appello, nel confermare la decisione del Tribunale, ha motivato come, in base all'art. 68, comma 5, del c.c.n.l. dei dipendenti delle Agenzie Fiscali del 28/05/2005:

    3.1. l'azione disciplinare debba essere considerata propedeutica rispetto all'esercizio (legittimo) del potere cautelare, in quanto l'allontanamento immediato del dipendente dall'ambiente lavorativo durante un accertamento di responsabilità penale è concepito in funzione della successiva eventuale...

  • Diritto

    CONSIDERATO

    6. Che con il primo motivo il ricorrente censura la violazione dell'art. 68 del c.c.n.l. delle Agenzie Fiscali del 2004 (quadriennio 2002-2005) e del D.P.R. n. 3 del 1957, artt. 91 e 97 avendo la sentenza d'Appello ritenuto erroneamente che:

    6.1. l'ente avrebbe dovuto attivare il procedimento disciplinare anche a seguito della cessazione del rapporto di lavoro, in quanto l'art. 68, comma 7, del c.c.n.l. delle Agenzie Fiscali sanciva che, anche nell'ipotesi di proscioglimento per altri motivi (assolutori), tranne che in caso di morte del dipendente, il procedimento disciplinare "riprende";

    6.2. nel caso controverso non si sarebbe trattato di riattivazione di un procedimento già iniziato e poi sospeso in attesa dell'esito del processo penale, bensì dell'attivazione di un nuovo procedimento disciplinare e, pertanto, la sentenza gravata non ha tenuto conto che nel caso in esame mancava la norma in base alla quale fondare in capo all'Agenzia l'obbligo di procedere disciplinarmente nei confronti del dipendente, divenuto nel frattempo estraneo all'amministrazione perchè cessato dal servizio per anticipata quiescenza;

    6.3. non essendosi verificate le due condizioni che avrebbero giustificato la deroga del principio di corrispettività della retribuzione: a) proscioglimento con formula piena; b) illegittimo esercizio del potere di sospensione cautelare da parte dell'Ente, non poteva dirsi sussistente il diritto al beneficio della restitutio in integrum in capo al dipendente;

    6.4. la sospensione cautelare è funzionale allo svolgimento del processo penale e non invece propedeutica allo svolgimento e all'esito del procedimento disciplinare come sostenuto dalla Corte d'Appello;

    7. Che nel secondo motivo si contesta la sentenza per violazione dell'art. 27, comma 7, del c.c.n.l. comparto Ministeri del 1995 (quadriennio 1994-1997), e dell'art. 70, comma 8 del c.c.n.l. delle Agenzie...

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