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Estremi:
Cassazione civile, 2017,
  • Fatto

    FATTI DI CAUSA

    La Corte d'Appello di Roma con sentenza depositata in data 24/2/2015, in riforma della pronuncia di primo grado, dichiarava l'illegittimità del licenziamento disciplinare intimato in data 13/6/2007 dalla Automar s.r.l. nei confronti di V.D. e condannava la società al pagamento in favore dell'erede G.E., pro quota, a titolo di risarcimento del danno, di un'indennità commisurata alla retribuzione globale di fatto maturata dal dì del licenziamento sino a quello del decesso.

    Nel pervenire a tali conclusioni la Corte distrettuale osservava, in estrema sintesi, che il licenziamento risultava irrogato per avere la lavoratrice comunicato all'esterno dell'azienda, notizie riservate sulla società e sui suoi dipendenti, esprimendo anche giudizi denigratori nei confronti della azienda, e che la contestazione disciplinare risultava formulata in termini generici, recando riferimenti a fatti privi di collocazione temporale e riferiti da soggetti non specificati. Argomentava quindi che la genericità della formulazione degli addebiti ridondava in termini di lesione del diritto di difesa della lavoratrice incolpata, la cui istanza di audizione era stata disattesa in violazione dei dettami di cui alla L. n. 300 del 1970, art. 7.

    Avverso tale pronuncia interpone ricorso per cassazione la Automar s.r.l. sostenuto da tre motivi. Resiste con controricorso la parte intimata.

    Entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa ai sensi dell'art. 378 c.p.c..

  • Diritto

    RAGIONI DELLA DECISIONE

    1.Con il primo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione ex art. 132 c.p.c., n. 4 e art. 118 disp. att. c.p.c. in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

    Si deduce che l'iter motivazionale che sostiene la pronuncia impugnata sia connotato da contraddittorietà e da incongruità nei passaggi logici, tali da non consentire di rivelare la sottesa ratio decidendi.

    Si critica la sentenza impugnata per aver ritenuto generica la formulazione della contestazione, tralasciando di considerare che la lavoratrice, con il proprio scritto difensivo, aveva elaborato una linea che mostrava la piena comprensione degli addebiti ascritti. Gli approdi ai quali è pervenuta la Corte si censurano altresì per la omessa considerazione di molteplici ed univoci elementi probatori, quali i tabulati telefonici, le dichiarazioni rese in sede di libero interrogatorio nonchè in sede testimoniale, che ben avrebbero potuto condurre a diversi risultati.

    2. Con il secondo motivo si denuncia nullità della sentenza per violazione dell'art. 112 c.p.c. nonchè degli artt. 434 e 132 c.p.c., ex all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Ci si duole che la Corte abbia pronunciato ultra petita laddove ha affermato l'illegittimità del licenziamento per mancata audizione quale autonomo vizio procedimentale, in mancanza di una specifica domanda da parte della ricorrente, sotto tale profilo denunciandosi, altresì, violazione e falsa applicazione della L. n. 300 del 1970, art. 7, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

    3. Con il terzo motivo si deduce omesso esame di fatti decisivi per il giudizio nonchè violazione o falsa applicazione ex art. 132 c.p.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, nn.3 e 5.

    Si lamenta, in sintesi, che la Corte distrettuale non abbia tenuto conto di un articolato quadro probatorio che andava a definire specificamente i termini della responsabilità della...

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