1. La Corte di appello di Napoli, con sentenza n. 1560/2015, respingendo le opposte impugnazioni, ha confermato la pronuncia di primo grado con cui il Tribunale di Benevento, in parziale accoglimento della domanda proposta da S.N. nei confronti del Comune di Montecalvo Irpino, aveva condannato l'Ente convenuto al pagamento, in favore del ricorrente, della somma corrispondente alla differenza tra il trattamento di cui del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 33, comma 8, e lo stipendio che lo stesso ricorrente avrebbe percepito ove non fosse stato illegittimamente collocato in disponibilità, oltre alla maggior somma tra interessi legali e rivalutazione monetaria dalla scadenza dei singoli ratei fino alla cessazione del rapporto di lavoro.
2. Secondo la pronuncia di primo grado, l'Amministrazione aveva errato nell'elaborazione della graduatoria delle posizioni lavorative da collocare in disponibilità per non avere computato, ai fini dell'anzianità di servizio del S., anche il periodo di aspettativa per motivi elettorali usufruito ai sensi del D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 81; per l'effetto, il lavoratore aveva diritto alle differenze di trattamento economico fino al termine del periodo di sospensione dal rapporto, ma non aveva diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro.
3. Tale sentenza era stata impugnata in via principale dal S., il quale aveva rappresentato che alla data della pronuncia di primo grado (5.2.2014) il periodo biennale di disponibilità era già concluso (sin dal 15.2.2013) ed egli non era stato rioccupato presso la stessa o altra amministrazione, per cui aveva diritto a riprendere servizio nel posto di lavoro precedentemente occupato, non potendo operare nei suoi confronti l'effetto risolutivo previsto ex lege.
4. La Corte di appello, nel confermare il capo della sentenza con cui era stata rigettata la domanda di "reintegra nel posto di lavoro occupato prima della...
1. Il primo motivo denuncia violazione di plurime disposizioni di legge (D.Lgs. n. 165 del 2001, artt. 33, 34 e 34 bis, art. 18 stat. lav, D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 81, art. 24 Cost.) e violazione del diritto di difesa. Si deduce che il petitum della domanda introduttiva comprendeva la disapplicazione dei "provvedimenti di collocazione in mobilità/disponibilità" e la richiesta di "reintegra del ricorrente nel posto di lavoro occupato prima della collocazione in mobilità/disponibilità del 14 febbraio 2011". Nessuna impugnativa di un (ipotetico) licenziamento era mai stata formulata. Inoltre, il S. aveva interesse ad impugnare il provvedimento di sospensione e chiedere la reintegra, atteso che non si verteva in un'ipotesi di legittima collocazione in disponibilità, con conseguente legittimo effetto risolutivo de iure al termine del periodo di legge; al contrario, il collocamento in disponibilità del S. era illegittimo, poichè disposto in violazione del D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 81 come affermato dal Tribunale con sentenza confermata in appello, in rigetto dell'appello incidentale del Comune convenuto. Dalla illegittimità del provvedimento di collocazione in disponibilità non poteva scaturire alcun effetto pregiudizievole per l'appellante: proprio in ragione della struttura unitaria dell'istituto previsto dal D.Lgs. n. 165 del 2001, artt. 33 e 34 la risoluzione consegue al termine del periodo di sospensione, trattandosi di effetto legale normativamente previsto, per cui il lavoratore illegittimamente destinatario del provvedimento, altrettanto illegittimamente si trova licenziato. La soluzione adottata dalla Corte di appello porta alla incongrua conseguenza che, una volta accertata l'illegittimità di una procedura di mobilità, il lavoratore che nelle more ne subisce le ulteriori conseguenze resta privo di tutela. Al contrario, deve affermarsi che l'accertata illegittimità dei provvedimenti impugnati...
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