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Estremi:
Cassazione civile, 2017,
  • Fatto

    FATTI DI CAUSA

    1. La Sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura ha irrogato, per quel che ancora qui rileva, la sanzione della censura al dott D.L. ritenendo sussistere la violazione dei doveri di diligenza e correttezza da parte del magistrato per avere omesso di provvedere, come imposto dall'art. 429 c.p.c. a pena di nullità insanabile, ai sensi dell'art. 156 c.p.c., comma 2 e quindi con grave violazione di legge derivante da inescusabile negligenza, alla lettura del dispositivo all'esito dell'udienza di discussione in dieci cause di lavoro e previdenza, provvedendo invece al solo deposito della sentenza, successivamente all'udienza di discussione, e relativamente a sei procedimenti anche con ritardo.

    Il Consiglio Superiore ha sottolineato che l'art. 429 citato era norma di primaria importanza determinando la sua inosservanza la nullità insanabile della sentenza per mancato raggiungimento dello scopo,correlato all'esigenza di concentrazione del giudizio e di immutabilità della decisione, e che tale omissione era aggravata dal ritardo con cui era avvenuto il deposito delle sentenze.

    Ha escluso la ricorrenza della scarsa rilevanza del fatto D.Lgs. n 109 del 2006, ex art. 3 bis considerato che si era determinata la compromissione dell'immagine e della fiducia e della considerazione di cui il magistrato doveva godere nella collettività in cui operava, assumendo decisivo rilievo, non solo la considerazione degli avvocati, ma anche quella delle parti che venivano a subire direttamente gli effetti di tali ritardi con conseguenti riflessi sull'opinione generale di efficienza del servizio svolto.

    Avverso la sentenza ricorre in cassazione il dott. d. con due motivi. Il Ministero di Giustizia, il Consiglio Superiore della Magistratura e il Procuratore Generale sono rimasti intimati.

  • Diritto

    RAGIONI DELLA DECISIONE

    2. Con un primo motivo il ricorrente denuncia violazione del D.Lgs. n 109 del 2006, art. 1, comma 1, e art. 2, comma 1, lett. G) (in relazione all'art. 606 c.p.c., comma 1, lett. B) e E)). Richiamati gli artt. 1 e 2 D.Lgs. citato, rileva che per la sussistenza dell'illecito disciplinare erano necessari la coesistenza sia della grave violazione di legge, sia dell'inescusabile ignoranza o negligenza determinante la grave violazione di legge. Osserva che la sentenza impugnata si limitava ad affermare la grave violazione di legge, omettendo qualsiasi motivazione sul profilo della negligenza. Rileva, inoltre, che la nullità della sentenza di cui all'art. 429 c.p.c. si configurava solo a condizione che vi fosse una espressa contestazione del vizio da parte del difensore delle parti.

    3. Con il secondo motivo denuncia violazione del D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 3 bis (in relazione all'art. 606, comma 1, lett B), ed E) per inosservanza o erronea applicazione di detta norma e mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in ordine alla "scarsa rilevanza del fatto",avendo il CSM omesso ogni indagine sulle "circostanze oggettive della vicenda addebitata" e sul "grado di colpevolezza certamente nullo o infimo".

    Osserva che era necessario valutare se l'immagine del magistrato fosse stata effettivamente compromessa a seguito di comportamenti integranti illecito disciplinare e che nel caso non erano stati considerati elementi che se valutati la decisione sarebbe stata diversa. Rileva che la condotta contestata era stata considerata ulteriormente aggravata dal ritardo nel deposito delle sentenze ritenendo implicitamente non giustificati i ritardi e che ciò aveva compromesso l'immagine del magistrato unitamente alla mancata lettura dei dispositivi. Osserva che l'affermazione risultava generica e contraddittoria avendo il giudice assolto il magistrato dalle altre incolpazioni ritenendo...

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