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Estremi:
Cassazione civile, 2017,
  • Fatto

    FATTI DI CAUSA

    Con sentenza 31 dicembre 2014, la Corte d'appello di Roma accertava il demansionamento di G.F. dal 29 marzo 2002 al 20 luglio 2004 e l'illegittimità del licenziamento intimatole il 20 luglio 2004 da Sistemi Informativi s.p.a., che condannava al pagamento, in favore della prima, delle somme di Euro 102.600,00 per danno da demansionamento e di Euro 2.405,00 per danno biologico, oltre interessi legali e rivalutazione dalla data di messa in mora, nonchè di Euro 118.750,00 per indennità supplementare, oltre interessi legali dalla maturazione del diritto: così riformando la sentenza di primo grado, che aveva invece rigettato le domande della dirigente.

    In esito ad attento scrutinio delle risultanze istruttorie, la Corte territoriale riteneva illegittimo il distacco della predetta dal 1 aprile 2002 al 31 marzo 2004 presso IBM Italia s.p.a., in mancanza di un interesse della datrice alla creazione di una professionalità anche commerciale alla lavoratrice distaccata, che già l'aveva maturata in Sistemi Informativi nello svolgimento dell'incarico di Dirigente Tecnico di Area dal gennaio 1997 e quindi di Industry Sector Director per l'anno 2002.

    Essa accertava quindi, per l'evidente riduzione di ampiezza e importanza dei compiti assegnatile, il demansionamento nel periodo del distacco, liquidandole in via equitativa, tenuto conto dell'entità temporale (ventisette mesi) e sul parametro della retribuzione globale di fatto da ultimo percepita (Euro 9.500,00 mensili), la somma di Euro 102.600,00 a titolo risarcitorio del danno conseguente.

    La Corte capitolina riteneva altresì l'illegittimità del licenziamento intimatole, privo di adeguata giustificatezza del comportamento datoriale, in difetto di alcun riassetto aziendale giustificante l'attribuzione a G. di un'inedita (minore) figura professionale, non in linea con la precedente e soppressa qualche mese dopo, a fronte del mantenimento di...

  • Diritto

    RAGIONI DELLA DECISIONE

    1. Con il primo motivo, la ricorrente deduce nullità della sentenza per violazione degli artt. 112 e 437 c.p.c., per vizio di ultrapetizione sulle domande di demansionamento e di illegittimità del distacco, inammissibilmente proposte per la prima volta in grado di appello.

    2. Con il secondo, la ricorrente deduce omesso esame del fatto controverso di incidenza della riorganizzazione aziendale sul demansionamento della lavoratrice erroneamente ritenuto.

    3. Con il terzo, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 2103 c.c., per erronea individuazione di un demansionamento della lavoratrice nella contrazione della clientela seguita e del personale coordinato, per l'occasione di sviluppo della professionalità offerta dall'incarico oggetto del distacco.

    4. Con il quarto, la ricorrente deduce nullità della sentenza per violazione dell'art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, per omessa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto giustificanti la condanna risarcitoria per demansionamento della lavoratrice.

    5. Con il quinto, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 2103 e 2697 c.c. e art. 414 c.p.c., per erronea liquidazione del danno patrimoniale da demansionamento in difetto di sua allegazione e prova e del relativo nesso causale.

    6. Con il sesto, la ricorrente deduce violazione del principio di diritto della sufficienza per il licenziamento del dirigente della sola giustificatezza, ricorrente nell'effettiva soppressione, per riorganizzazione aziendale, della posizione di direttore tecnico ricoperta dalla lavoratrice, anche se le mansioni siano ripartite tra altri, senza alcun obbligo di repechage, incompatibile con la posizione dirigenziale, assistita da un regime di libera recedibilità.

    7. Il primo motivo, relativo a nullità della sentenza per violazione degli artt. 112 e 437 c.p.c., per vizio di ultrapetizione...

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