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Estremi:
Cassazione civile, 2017,
  • Fatto

    FATTI DI CAUSA

    Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia - pronunciando sul ricorso promosso da IRIS Sud S.r.l. per l'annullamento "dei provvedimenti in ragione dei quali" erano stati revocati gli incentivi economici previsti a favore delle PMI nell'ambito del Programma Operativo della Regione Puglia 2000 2006 - dichiarava il proprio difetto di giurisdizione a favore del giudice ordinario.

    Il Consiglio di Stato con l'impugnata sentenza depositata il 7 giugno 2016 confermava la giurisdizione amministrativa con solo riferimento all'accertamento della sussistenza o meno delle condizioni ex lege stabilite per l'accesso al beneficio - condizioni consistenti nella cosiddetta "bancabilità dei progetti presentati" - mentre in parziale riforma della prima decisione sulla scorta del dedotto "petitum sostanziale" dichiarava spettare al giudice ordinario l'accertamento dell'inadempimento agli obblighi a cui sarebbe stata tenuta la ricorrente in relazione al diritto soggettivo all'erogazione del contributo maturato successivamente all'ammissione al beneficio. Un inadempimento - come ad es. era quello della mancanza dei necessari beni strumentali - che faceva altresì ritenere che il Consorzio che aveva ricevuto il contributo a cui la IRIS Sud S.r.l. aveva aderito fosse un'impresa pressochè fittizia soltanto servita allo sviamento di fondi a vantaggio della Filanto S.p.A. alla quale non essendo una PMI non potevano in effetti essere concessi. Infine il C.d.St. - in assenza di espresse disposizioni che prevedessero deroghe all'ordinario riparto di giurisdizione in caso di connessione tra controversie attribuite a differenti giudici amministrativo e ordinario - respingeva la domanda della ricorrente IRIS Sud S.r.l. intesa ad ottenere il riconoscimento dell'integrale giurisdizione amministrativa sotto il profilo della prevalenza della questione della esistenza o meno della condizione per l'accesso all'incentivo costituita dalla...

  • Diritto

    RAGIONI DELLA DECISIONE

    1. Con il primo motivo formulato in relazione all'art. 362 c.p.c., la ricorrente denunciava in rubrica il "mancato accertamento dell'integrale sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo", deducendo a riguardo che il C.d.St. avrebbe dovuto evitare la "frammentazione della giurisdizione" con uno "scatto ermeneutico", nella sostanza consistente nel ritenere prevalente la controversia amministrativa circa la "bancabilità dei progetti presentati", con attrazione al giudice amministrativo della minore questione dell'inadempimento agli obblighi derivanti dall'erogazione del contributo ch'era stata invece attribuita al giudice ordinario.

    Il motivo è infondato dovendosi osservare - anche con riferimento alle emergenze della discussione avvenuta in pubblica udienza - che la assenza di disposizioni che deroghino all'ordinario riparto di giurisdizione in ipotesi di connessione di controversie attribuite a giudici diversi non deve essere necessariamente colmata con l'analogia legis o iuris atteso che questa situazione non impedisce la loro decisione. Come noto difatti l'art. 12 preleggi, comma 2, si spiega storicamente soltanto nel senso di evitare - in ragione del principio di completezza dell'ordinamento giuridico - che il giudice possa pronunciare un non liquet causa la mancanza di norme che disciplinino la fattispecie. Una lacuna che all'evidenza qui non esiste, anche al di là della difficoltà stessa di concepirla in ambito processuale. In realtà il pericolo - inverso - è in questo caso piuttosto quello di violare attraverso l'analogia il principio di legalità di cui all'art. 12 preleggi, comma 1. Del resto la rigida separazione giurisdizionale appare funzionalmente ragionevole laddove allo stato impedisce ai giudici appartenenti alle diverse giurisdizioni di pronunciare su fattispecie che non spetterebbero - ma attratte alla loro giurisdizione per connessione - con conseguenze...

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