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Estremi:
Cassazione civile, 2017,
  • Fatto

    FATTI DI CAUSA

    Con ricorso al Tribunale di Roma in data 1.8.2002 V.A., dipendente della società SDA EXPRESS COURIER (in prosieguo: SDA) spa, impugnava la sanzione disciplinare della sospensione di gg. 10 dal lavoro e dalla retribuzione comunicatagli il 29.4.2002 per furto di videoregistratori, induzione a false denunzie di furto, utilizzo irregolare di codici informatici, chiedendo dichiararsene la inesistenza ed illegittimità e condannarsi la società al risarcimento del danno per il carattere ingiurioso e diffamatorio delle espressioni contenute nella lettera di contestazione degli addebiti.

    La società SDA proponeva domanda riconvenzionale di risarcimento del danno per violazione dell'obbligo di diligenza.

    Il giudice del lavoro (sentenza del 22.2.2005 nr. 3268/2005) dichiarava inammissibile la domanda del ricorrente di impugnazione della sanzione disciplinare per carenza di interesse ad agire; per il resto respingeva il ricorso e la domanda riconvenzionale.

    Riuniti gli appelli proposti dalle parti di causa, la Corte di Appello di Roma, con sentenza del 12.5-12.7.2011 (nr. 4242/2011), li rigettava entrambi.

    La Corte territoriale osservava che il difetto di interesse ad agire del lavoratore era fondato sulle sue intervenute dimissioni e sul fatto che la sanzione disciplinare non era mai stata applicata, avendo il V. ricevuto regolarmente la retribuzione; la sospensione dal servizio aveva avuto titolo soltanto nel provvedimento di sospensione cautelare, adottato contestualmente alla contestazione disciplinare, diverso da quello impugnato in giudizio.

    Il motivo d'appello con cui il V. deduceva a fondamento del suo interesse ad agire le implicazioni negative della sanzione sulla sua futura carriera lavorativa era generico, non essendo state indicate in concreto le lamentate conseguenze pregiudizievoli.

    La deduzione che la situazione...

  • Diritto

    RAGIONI DELLA DECISIONE

    Con l'unico motivo V.A. ha dedotto - ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 - omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine ad un fatto controverso e decisivo del giudizio.

    Ha censurato le statuizioni sul proprio difetto di interesse alla impugnazione della sanzione disciplinare e sulla inesistenza di offensività della contestazione disciplinare.

    In ordine al primo punto ha assunto l'omesso esame:

    - della circostanza che la sanzione disciplinare non era stata applicata solo in ragione delle sue dimissioni, indotte dal rigetto della richiesta di aspettativa per malattia, malattia debitamente certificata e derivata dagli addebiti ingiustificati;

    - delle conseguenze della sanzione sulla futura carriera lavorativa, essendogli stati addebitati fatti gravi (il furto) e lesivi della sua onorabilità;

    - del fatto che gli erano state preannunziate azioni legali e che era stata proposta azione per il risarcimento del danno.

    Ha dedotto che la allegazione nel grado di appello della malattia non aveva ad oggetto un fatto nuovo, in quanto le dimissioni erano state valutate ai fini della dichiarazione del difetto di interesse ad agire sicchè occorreva tenere conto anche della loro causa.

    Sul rigetto della domanda risarcitoria il V. ha osservato che la natura offensiva della contestazione risultava dall'addebito di fatti gravi, (il furto, la circostanza di avere costretto il personale della ditta di trasporti a denunziare falsamente il furto, l'utilizzo anomalo dei codici informatici di spedizione), pur in assenza di indagini penali a suo carico ed in presenza di documenti attestanti l'apertura del procedimento penale nei confronti di terzi.

    Il ricorrente ha contestato singolarmente gli addebiti.

    Il motivo è inammissibile.

    Nela parte in cui il...

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