1. Con sentenza depositata il 6.11.2014 la Corte di appello di Catanzaro, confermando la pronuncia del Tribunale di Lamezia Terme, ha dichiarato illegittimo il licenziamento intimato il 7.3.2011 da Poste Italiane s.p.a. a L.L. per superamento del periodo di comporto.
2. La Corte territoriale, ritenendo pacifico il numero complessivo di assenze del dipendente (pari a 732 giorni in un quadriennio) e quindi sussistente il requisito previsto dall'art. 43, commi 2 e 4, del C.C.N.L. di settore per il recesso datoriale, ha rilevato che l'intervallo temporale trascorso tra il rientro nel posto di lavoro (30.1.2011) e la comunicazione del licenziamento aveva determinato un incolpevole affidamento del lavoratore nella prosecuzione del rapporto e nella volontà del datore di lavoro di rinunciare alla facoltà di recedere.
3. Per la cassazione della sentenza la società propone ricorso affidato a due motivi. Il L. resiste con controricorso.
1. Con il primo motivo di ricorso si denunzia violazione e falsa applicazione dell'art. 2110 c.c., art. 43 del c.c.n.l. di settore, art. 115 c.p.c. (in relazione all'art. 360, comma 1, nn. 3 e 5) avendo, la Corte distrettuale, trascurato che deve ritenersi notorio che la società Poste Italiane ha circa 160.000 dipendenti e 14.000 uffici su tutto il territorio. Inoltre, la contestazione proveniva non dal diretto superiore del dipendente bensì dall'organo disciplinare che ha dovuto provvedere all'analitico computo, in base alla certificazione medica prodotta dal dipendente, dei giorni complessivi di assenza.
2. Con il secondo motivo di ricorso si denunzia violazione e falsa applicazione dell'art. 2697 c.c. (in relazione all'art. 360, comma 1, nn. 3 e 5) avendo, la Corte distrettuale, invertito l'onere probatorio in ordine alla sussistenza, in concreto, di una manifestazione tacita di volontà del datore di lavoro di rinunciare al recesso, circostanza che deve essere provata - secondo orientamento giurisprudenziale di legittimità (Cass. n. 9032/2000) - dal lavoratore.
3. I due motivi di ricorso, che per ragioni di connessione possono essere trattati congiuntamente, sono fondati.
4. Preliminarmente, va rilevato che non è ravvisabile alcun vizio di contraddittorietà della sentenza (dedotto implicitamente con il richiamo dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) in quanto la Corte ha specificatamente indicato le ragioni per le quali, avendo la parte datoriale intimato il licenziamento dopo 35 giorni dal rientro del dipendente nel posto di lavoro, la sua condotta costituiva inerzia, tenuto conto dell'affidamento ingenerato e della carenza di elementi concreti volti a dimostrare le dimensioni dell'azienda, la complessità dell'organizzazione aziendale e la compatibilità dello stato di salute del lavoratore con le mansioni affidate.
5. Secondo la giurisprudenza di...
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