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Estremi:
Cassazione civile, 2017,
  • Fatto

    FATTI DI CAUSA

    1. La Corte d'appello di Roma, con la sentenza n. 2214 del 2010, rigettava l'appello proposto da F.V. nei confronti del Ministero della Giustizia.

    2. Il F. aveva adito il Tribunale di Roma esponendo di essere ufficiale giudiziario avente posizione economica B3 e chiedendo la condanna dell'Amministrazione al pagamento del risarcimento del danno biologico per non averlo adibito a mansioni più consone al proprio stato di salute, nonchè al divieto di adibirlo al prolungamento dell'orario di lavoro; confermarsi l'ordinanza cautelare per l'assegnazione delle ferie non godute per l'anno 2002 e delle ferie per l'anno 2003; condannarsi l'Amministrazione al risarcimento del danno da perdita del posto di lavoro qualora al protrarsi dello stato delle cose dovesse seguire il licenziamento per superamento del periodo di comporto.

    3. Il Tribunale dichiarava cessata la materia del contendere in riferimento alla domanda relativa al godimento delle ferie, rigettando nel resto, atteso che dalla documentazione del Ministero era emerso che il lavoratore era idoneo a svolgere il servizio di istituto.

    4. La Corte d'Appello riteneva inammissibile per carenza di interesse la domanda di accertamento in astratto del diritto del lavoratore al godimento delle ferie. Poichè il ricorrente deduceva di non aver goduto delle ferie nell'anno 2002 e 2003 e l'Amministrazione sia pure su ordine del giudice vi ottemperava, il ricorrente aveva avuto il bene della vita cui aspirava con cessazione materia contendere.

    Nel resto rigettava la domanda ritenendo che non vi fossero patologie riconducibili a causa di servizio e che lo stato di salute fosse compatibile con le mansioni svolte.

    5. Per la cassazione della sentenza resa in grado di appello ricorre il F. con due motivi di ricorso.

    6. Resiste il Ministero con controricorso.

    7. Il ricorrente...

  • Diritto

    RAGIONI DELLA DECISIONE

    1. Preliminarmente, va rilevato che il controricorso è stato notificato al ricorrente parte presso l'avv. Maria Cristina Pieretti, difensore costituito nel giudizio di appello, e non presso l'avv. Costanza Acciai, difensore che lo rappresenta e difende nel presente giudizio di legittimità presso cui domicilia. A ciò consegue l'inammissibilità del controricorso.

    2. Con il primo motivo è dedotta la violazione degli artt. 1218 e 2087 c.c., D.Lgs. n. 624 del 1994, artt. 16 e 17, dell'art. 21 del CCNL 16 maggio 1995, ex art. 360 c.p.c., n. 3.

    2.1. Premette il ricorrente che, già affetto da una grave menomazione fisica invalidante, essendo privo di visus all'occhio destro, nel corso della propria vita lavorativa si ammalava risultando affetto da una grave sindrome ansioso-depressiva con manifestazioni acute.

    Chiedeva quindi di essere adibito a mansioni consone al proprio stato di salute.

    Ciò veniva disatteso venendo anche inibita la possibilità di fruire delle ferie annuali per sette anni e potendo avere limitatissimi periodi di riposo.

    2.3. Ciò determinava la lesione degli artt. 32, 36 e 28 Cost. e dell'art. 2087 c.c..

    Ai sensi di tale ultima disposizione, norma di chiusura del sistema antinfortunistico, il lavoratore che agisca nei confronti del datore di lavoro per il risarcimento integrale del danno patito a seguito di infortunio sul lavoro ha l'onere di provare il fatto costituente l'inadempimento e il nesso di causalità materiale tra l'inadempimento e il danno, ma non anche la colpa del datore di lavoro, nei cui confronti opera la presunzione posta dall'art. 1218 c.c., il superamento della quale comporta la prova di aver adottato tutte le cautele necessarie ad evitare il danno, in relazione alle specificità del caso ossia al tipo di operazione effettuata ed ai rischi intrinseci alla stessa, potendo al riguardo non risultare...

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