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Estremi:
Cassazione civile, 2017,
  • Fatto

    SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

    1) La Corte d'appello di Napoli in sede di rinvio, disposto dalla Cassazione, confermava la sentenza del Pretore di Nola del 1998 che aveva dichiarato l'inefficacia dei licenziamenti comunicati agli attuali ricorrenti, riconosciuti quali dipendenti della società E.T.P., per violazione della L. n. 223 del 1991, ma limitando le conseguenze sanzionatorie al solo risarcimento del danno nella misura minima di cinque mensilità di retribuzione globale di fatto, sul presupposto dell'impossibilità sopravvenuta totale, non imputabile alla società, della prestazione, che non consentiva la reintegrazione.

    2) La Corte di Cassazione, con sentenza del 9.8.2011, aveva accolto il secondo ed il quinto motivo di ricorso dei lavoratori e rinviato alla Corte d'Appello di Napoli per le questioni relative al rispetto o meno delle regole procedurali di cui alla L. n. 223 del 1991, di fatto limitando il thema decidendum alla valutazione della sussistenza o meno di una causa di impossibilità sopravvenuta della prestazione da parte della datrice di lavoro, tale da far ritenere non ripristinabile il rapporto di lavoro.

    4) La Corte d'appello di Napoli, in riassunzione, confermava la sentenza pretorile in ordine alla statuizione di inefficacia dei licenziamenti per violazione delle procedure di cui alla L. n. 223 del 1991, oltre che la statuizione relativa all'impossibilità di operatività della tutela reintegratoria, confermando altresì la quantificazione del risarcimento del danno stabilita dal primo giudice in 5 mensilità di retribuzione globale di fatto.

    5) In particolare la Corte ha ritenuto che in base alla sentenza del Consiglio di Stato n. 5325 del 2000, prodotta in atti dalla società nel giudizio di appello, era emerso che i lavoratori svolgevano se non attività di autoferrotranv�eri, comunque mansioni strettamente connesse all'esercizio dell'attività di trasporto pubblico e che tale attività...

  • Diritto

    MOTIVI DELLA DECISIONE

    9) Con il primo motivo di ricorso si lamenta la violazione della L. n. 300, art. 18, art. 112 c.p.c. in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Secondo i ricorrenti la norma di cui all'art.18 non consente la possibilità di eliminare gli effetti ripristinatori del rapporto, con la necessaria ed ineliminabile conseguenza della ricostruzione del rapporto di lavoro, trattandosi di conseguenze legali espressamente e tassativamente previste dalla norma. Inoltre nessun passaggio della norma consente di impedire al lavoratore di scegliere l'opzione della indennità sostitutiva, anche perchè gli effetti economici, disposti da tale norma, del diritto a tutte le retribuzioni maturate e maturande - salvo la prova dell'aliunde perceptum, sono il risultato di un meccanismo normativo che travolge gli effetti estintivi del negozio di recesso. Secondo il ricorrenti la sentenza violerebbe comunque anche l'art. 112 c.p.c., in base al quale il giudice non può che attenersi alla conoscenza della fattispecie per come si è sviluppata fino al momento in cui si chiede l'annullamento.

    10) con il secondo motivo di ricorso si lamenta la violazione degli artt. 115, 116 e 229 c.p.c. dell'art. 2697 c.c. in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e comunque omesso esame di fatto decisivo alla risoluzione della controversia, in relazione al comma 1, n. 5. Secondo i ricorrenti la Corte avrebbe errato nel ritenere che i lavoratori non erano adibiti a compiti attinenti all'esercizio delle linee di trasporto in concessione e che comunque le discordanti dichiarazioni delle parti sull'effettiva attività svolta, che avrebbero reso impossibile pervenire, secondo i giudici d'appello, all'esatto accertamento di tale attività, sarebbero state solo apparenti, avendo i ricorrenti sempre precisato i concreti compiti ai quali erano addetti, sin dal ricorso introduttivo. La corte poi avrebbe omesso di considerare che la società...

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