ATTENZIONE: stai consultando la versione GRATUITA della Bancadati. Per accedere alla versione completa abbonati subito

Estremi:
Cassazione civile, 2017,
  • Fatto

    FATTI DEL PROCESSO

    Con ricorso al Tribunale di Milano D.G.R. impugnava il licenziamento intimatole in data 13 luglio 2011 dalla società SODEXO ITALIA spa per avere sottratto dalla mensa della caserma presso cui lavorava una teglia di lasagne.

    Il Tribunale rigettava la domanda, ritenendo intervenuta la decadenza dalla impugnazione del licenziamento.

    La Corte d'appello di Milano, con sentenza del 19.5-17.9.2015 (nr. 482/2915), respingeva l'appello della lavoratrice.

    La Corte territoriale riteneva che la D.G. non fosse incorsa in decadenza dalla impugnazione giudiziale del licenziamento, contrariamente a quanto affermato dal primo giudice, giacchè il relativo termine decorreva soltanto dal 31.12.2011, in virtù della proroga disposta dalla L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 1 bis.

    Nel merito, giudicava infondata la impugnazione.

    La istruttoria svolta aveva dato conferma del fatto, nei termini in cui era indicato nella contestazione disciplinare.

    La condotta legittimava la sanzione espulsiva.

    In primo luogo, l'art. 183 del CCNL consentiva la risoluzione del rapporto di lavoro senza preavviso in caso di "asportazione di materiale dall'interno della azienda"; in ogni caso, risultava la lesione del rapporto fiduciario sotteso alle mansioni di addetta alla mensa.

    La condotta non era giustificata dalla impossibilità, affermata dalla lavoratrice, di effettuare la pausa pranzo, che non legittimava la asportazione dei cibi dai locali aziendali.

    La produzione del regolamento aziendale, invocato nell'atto di appello, era inammissibile perchè tardiva; lo stesso documento, comunque, non riguardava la condotta di sottrazione dei cibi contestata alla D.G..

    Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza D.G.R., articolato in tre motivi.

    Ha resistito con controricorso la...

  • Diritto

    RAGIONI DELLA DECISIONE

    Preliminarmente si dà atto che il Collegio ha autorizzato l'estensore a redigere motivazione semplificata.

    1. Con il primo motivo la ricorrente ha denunziato erroneità della sentenza.

    Ha denunziato l'omesso esame di fatti storici decisivi, delle proprie deduzioni nel primo grado, delle testimonianze: ella aveva portato con sè una porzione di lasagne, che non era riuscita a consumare in azienda perchè non aveva effettuato la pausa pranzo, per consumarla presso la abitazione.

    2. Con il secondo motivo la ricorrente ha dedotto erroneità e carenza di motivazione della sentenza.

    Ha lamentato la mancanza di una corretta ed adeguata valutazione delle prove in punto di gravità dei fatti e proporzionalità della sanzione.

    Ha invocato le disposizioni del regolamento aziendale, che prevedevano la adozione di provvedimenti conservativi per il lavoratore che occultasse o consumasse abusivamente generi alimentari di pertinenza della azienda di scarsa rilevanza e la irrogazione del licenziamento nei soli casi di occultamento o consumo di generi alimentari di rilevante entità.

    I testi ( D.S.G., maresciallo che aveva proceduto al controllo e V.S., collega di lavoro coinvolta nello stesso fatto) avevano confermato che si trattava di alimenti di scarso valore economico.

    3. Con il terzo motivo la ricorrente ha lamentato la erroneità della sentenza, ancora in punto di proporzionalità tra il fatto e la sanzione.

    I tre motivi, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto connessi, sono inammissibili.

    Anche a voler superare i dubbi di ammissibilità sotto il profilo della carente esposizione dei fatti di causa nonchè della genericità della esposizione dei motivi - neppure articolati sub specie di vizio di legittimità ma come denunzia di erroneità della sentenza - resta decisivo...

please wait

Caricamento in corso...

please wait

Caricamento in corso...