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Estremi:
Cassazione civile, 2017,
  • Fatto

    FATTI DI CAUSA

    Con sentenza 10 aprile 2014, la Corte d'appello di Ancona dichiarava illegittimo il licenziamento intimato il 17 febbraio 2011 da Sacci s.p.a. a G.G., ordinandone la reintegrazione nel posto di lavoro e condannando la società datrice al versamento, in suo favore a titolo risarcitorio, della retribuzione globale mensile di fatto pari a Euro 2.609,00 dalla data di licenziamento a quella di effettiva reintegrazione, nonchè della contribuzione assistenziale e previdenziale dovuta: così riformando la sentenza di primo grado, che aveva invece rigettato le domande del lavoratore.

    A motivo della decisione, la Corte territoriale riteneva, come già il Tribunale, il giustificato motivo oggettivo a base del licenziamento, per la comprovata sussistenza della crisi aziendale strutturale, da valutare ovviamente sull'intero complesso dell'impresa e non del singolo settore di appartenenza del lavoratore licenziato: pertanto legittimante la ristrutturazione organizzativa operata, in riferimento particolare alla soppressione della posizione lavorativa di G. (di venditore capo impianto dell'unità di (OMISSIS)) per accorpamento a quella di M.R..

    Essa escludeva tuttavia la corretta assoluzione dell'obbligo datoriale di repechage, anche in riferimento alle mansioni inferiori che il lavoratore aveva comunicato essere disponibile a svolgere e nelle quali la società datrice non aveva dimostrato l'impossibilità di suo reimpiego, tenuto conto del grado di anzianità e di esperienza e della mancata osservanza dei principi di correttezza e buona fede contrattuale da rispettare.

    Con atto notificato il 10 - 16 ottobre 2014 Sacci s.p.a. ricorre per cassazione con cinque motivi, cui resiste G.G. con controricorso.

  • Diritto

    RAGIONI DELLA DECISIONE

    1. Con il primo motivo, la ricorrente deduce omesso esame del fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, della mancata ammissione delle istanze istruttorie dedotte in primo grado e reiterate nel secondo, interamente trascritte, a prova dell'assoluzione dell'obbligo di repechage, senza alcuna motivazione, con mera apparenza della stessa in ordine alla sua ritenuta mancata dimostrazione.

    2. Con il secondo, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 113, 115 e 132 c.p.c., art. 2697 c.c., ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per mancata esposizione dei fatti e delle istanze istruttorie dedotti, con motivazione lacunosa e non giustificata di difetto di prova, peraltro impedita nella sua offerta.

    3. Con il terzo, la ricorrente deduce omesso esame del fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, della limitata disponibilità del lavoratore all'adibizione a mansioni anche inferiori entro il raggio di 50 km. dalla propria residenza, contenuta nella lettera allegata al ricorso introduttivo sub 10).

    4. Con il quarto, la ricorrente deduce omesso esame del fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, della soppressione della posizione lavorativa di venditore capo impianto di G. per accorpamento dei due impianti vicini di (OMISSIS) e M.R., integrante fattispecie di giustificato motivo oggettivo diversa da quella di generica riduzione di personale, comportante anche l'individuazione del soggetto da licenziare (titolare della posizione da sopprimere) e non già il raffronto, a fini di individuazione del personale eccedentario, con tutte le posizioni di capo impianto ed anche inferiori in tutto il territorio nazionale, con conseguenti riflessi sulla modulazione dell'obbligo datoriale di repechage.

    5. Con il quinto, la...

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