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Estremi:
Consiglio di Stato, 2017,
  • Fatto

    FATTO

    1. Con la sentenza in epigrafe appellata n. 9220 del 9 novembre 2012 il T.a.r per il Lazio -Sede di Roma - ha dichiarato cessato l'incarico commissariale (conferito con la sentenza di ottemperanza n. 4391/2012) improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse il ricorso proposto dalla odierna parte appellante volto ad ottenere l'ottemperanza del giudicato contenuto nella decisione dal T.a.r. medesimo recante n. 4266 del 10 maggio 2007.

    2. La complessa vicenda processuale può essere così ricostruita:

    a) Ma. Pa. ed altri 371 funzionari, dipendenti dell'Amministrazione della giustizia, nel 2007 presentarono ricorso ex art. 21 bis innanzi al T.A.R. del Lazio, contro la Presidenza del consiglio dei ministri, il Ministero dell'economia e delle finanze ed il dipartimento della funzione pubblica;

    b) impugnarono, così, il silenzio serbato dalle Autorità sull'atto di diffida notificato dagli stessi ricorrenti il 20 luglio 2006, con il quale essi sollecitavano l'emanazione della direttiva contrattuale prevista dall'art. 10, III comma, della legge 15 luglio 2002 n. 145, per l'istruzione dell'area della vicedirigenza;

    c) stabiliva invero il ripetuto art. 10, III comma, che "la disciplina relativa alle disposizioni di cui al comma 3 dell'articolo 7, che si applicano a decorrere dal periodo contrattuale successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della presente legge, resta affidata alla contrattazione collettiva", e ciò "sulla base di atti d'indirizzo del Ministro per la funzione pubblica all'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) anche per la parte relativa all'importo massimo delle risorse finanziarie da destinarvi";

    d) a sua volta, l'art. 7, III comma, aveva introdotto l'art. 17 bis del D.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, il quale (nel testo poi modificato dall'art. 14 octies, d.l. 30 giugno 2005, n. 115),...

  • Diritto

    DIRITTO

    1. L'appello è infondato e va respinto.

    2. Come si evince dalla esposizione in fatto, l'unico profilo di censura sollevato nell'appello era volto a criticare la decisione del T.A.R per il Lazio n. 9220 del 9 novembre 2012 per avere dichiarato cessato l'incarico commissariale ed improcedibile il giudizio di ottemperanza, per sopravvenuta carenza d'interesse sulla scorta di disposizioni di legge che, in tesi, erano affette da illegittimità costituzionale.

    3. Detta tesi è rimasta definitivamente smentita dalla decisione della Corte Costituzionale n. 214 del 3 ottobre 2016, laddove è stato peraltro stabilito che:

    a) (capo 4.1.6.) "deve, perciò, conclusivamente ritenersi che l'impugnato art. 5, comma 13, nel porre un ostacolo giuridico all'esecuzione del giudicato della sentenza del TAR Lazio n. 4266 del 2007, è intervenuto in un àmbito non coperto da questo - e lasciato quindi aperto a un successivo intervento del legislatore - e che tale circostanza giustifica la mancata esecuzione degli obblighi imposti dallo stesso giudicato e la (conseguente) improcedibilità del giudizio di ottemperanza promosso per conseguirla, senza che l'anzidetta mancata esecuzione integri una violazione dell'art. 6 della CEDU.";

    b) "l'assunto del giudice a quo circa la natura provvedimentale dell'impugnato art. 5, comma 13, deve ritenersi infondato. Da un lato, infatti, sul piano soggettivo, i destinatari di tale disposizione non sono affatto "determinati o di numero limitato". Invero, abrogando l'art. 17-bis del d.lgs. n. 165 del 2001, che aveva previsto l'istituzione dell'area della vicedirigenza, essa mostra di avere una platea di destinatari coincidente con quella indicata dal medesimo articolo. Tali destinatari comprendono, perciò, il personale di tutto il comparto Ministeri, nonché delle altre amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2, del...

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