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Estremi:
Cassazione civile, 2017,
  • Fatto

    FATTI DI CAUSA

    1. La Corte di Appello di Firenze, con sentenza del 5 giugno 2014, ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva dichiarato illegittimo il licenziamento intimato a V.R. il 17 novembre 2011 dalla Guccio Gucci Spa per giustificato motivo oggettivo, con le pronunce reintegratorie e patrimoniali conseguenti.

    La Corte territoriale ha ritenuto che parte datoriale non avesse "soddisfatto l'obbligo di repechage offrendo alla sua dipendente alternative lavorative presso società diverse da quella di appartenenza", ancorchè non fosse in contestazione "il collegamento funzionale e finanziario fra le varie società del Gruppo", non ritenuto tuttavia sufficiente perchè non era stato provato "un unico centro di imputazione del rapporto di lavoro".

    Ha considerato poi "non condivisibile la difesa datoriale nella parte in cui segnala il mancato ricollocamento presso altre posizioni aziendali in ragione dell'esito negativo di colloqui di idoneità", argomentando che la scelta dell'imprenditore non può essere meramente discrezionale, "ma semmai solo per ragioni di professionalità specifica, non dedotte in causa".

    Quanto all'aliunde perceptum la Corte di Appello ha ritenuto che la relativa eccezione era stata formulata "con contenuto meramente esplorativo" e che, comunque, dalla certificazione in atti risultava che la V. nel periodo in controversia era disoccupata.

    2. Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso Guccio Gucci Spa con tre motivi. Ha resistito V.R. con controricorso, contenente ricorso incidentale affidato ad un motivo.

  • Diritto

    RAGIONI DELLA DECISIONE

    1. Con il primo motivo di ricorso principale si denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 41 Cost., L. n. 604 del 1966, art. 3, L. n. 183 del 2010, art. 20, comma 1, artt. 115 e 116 c.p.c., artt. 1175, 1375 e 2697 c.c., in ordine alla violazione dell'obbligo di repechage ritenuto dalla Corte fiorentina.

    Si ribadisce che tale obbligo era stato assolto mediante l'offerta di assunzione presso altre società del gruppo, a nulla rilevando che non ci fosse un centro unitario di interessi, peraltro documentalmente provato; circa la riallocazione in altre posizioni della medesima azienda si critica la sentenza impugnata perchè il giudice di merito non potrebbe spingersi a sindacare la "valutazione" aziendale in merito all'idoneità del dipendente a ricoprire il diverso posto di lavoro.

    Il mezzo di gravame non può trovare accoglimento.

    In ordine alla prima censura il ragionamento dei giudici fiorentini riportato nello storico della lite è corretto, in quanto non è sufficiente il collegamento economico-funzionale tra imprese rispetto al repechage, essendo necessario che ricorra la figura della cd. codatorialità secondo i canoni identificativi individuati dalla giurisprudenza di legittimità (su tale fenomeno v., ab imo, Cass. n. 4274 del 2004, conf. Cass. n. 8809 del 2009; Cass. n. 25270 del 2011; più di recente Cass. n. 12817 del 2014).

    Invero questa Corte ha già affermato (Cass. n. 7717 del 2003) che non assolve all'obbligo del repechage gravante sul datore di lavoro l'offerta al licenziando di un trasferimento "presso una sede di un'altra società, sia pure facente parte dello stesso "gruppo", in quanto quest'ultimo è rilevante sotto il profilo economico e non anche sotto quello giuridico, salvo che si accerti l'esistenza di un unico rapporto di lavoro con le diverse società, qualora le relazioni all'interno di detto "gruppo" siano tali da avere dato...

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