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Estremi:
Cassazione civile, 2017,
  • Fatto

    SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

    Con sentenza del 5 febbraio 2014, la Corte d'Appello di Venezia, confermava la decisione resa dal Tribunale di Venezia e rigettava la domanda proposta da P.M. nei confronti dell'Associazione Artigiani e Piccole Imprese del Mandamento di San Donà di Piave, avente ad oggetto la declaratoria di illegittimità del licenziamento disciplinare intimatole per aver negoziato per contanti un assegno emesso a favore dell'Associazione da un associato, incaricato altro collega di negoziare l'assegno, di utilizzarne una parte per pagamenti nell'interesse dell'associato e restituire il residuo pari alla metà dell'importo, che gli faceva poi consegnare ancora ad altro collega in attesa di poterne rientrare in possesso.

    La decisione della Corte territoriale discende dall'aver questa ritenuto comprovato l'addebito, non escluso dall'eventuale prova di una prassi di versamento da parte degli associati di assegni destinati ad essere negoziati ed utilizzati nel loro interesse, non potendo tale prassi includere la piena disponibilità del contante da parte del personale dell'Associazione per dare ad esso la destinazione dallo stesso ritenuta utile, e valutato il medesimo addebito, per la sua gravità, idoneo a ledere il vincolo fiduciario tra le parti. Per la cassazione di tale decisione ricorre il Pavanetto, affidando l'impugnazione a due motivi cui resiste, con controricorso l'Associazione.

  • Diritto

    MOTIVI DELLA DECISIONE

    Con il primo motivo, il ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione della L. n. 604 del 1966, art. 5 imputa alla Corte territoriale il malgoverno delle regole sulla ripartizione dell'onere della prova, emergendo dal tenore della motivazione l'accollo al ricorrente dell'onere di addurre prove a suo discarico, esonerando il soggetto datore dalla dimostrazione perfino dell'avvenuta consegna al ricorrente dell'importo in questione. Il secondo motivo, rubricato con riferimento al vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, è inteso a censurare la mancata considerazione da parte della Corte territoriale di una prassi nota al datore di lavoro per la quale gli associati erano usi versare sul conto dell'Associazione assegni bancari a copertura dei servizi resi salvo la restituzione successiva dell'eventuale eccedenza.

    Il primo motivo risulta del tutto infondato, atteso che la Corte territoriale dà pienamente conto, nella motivazione dell'impugnata sentenza. della raggiunta piena prova del fatto addebitato di cui era onerata l'Associazione datrice. fatto costituito dall'apprensione senza titolo da parte del ricorrente della somma in contanti residuata dall'importo dell'assegno versato dal cliente dell'Associazione medesima e negoziato dal collega del ricorrente per l'effettuazione di pagamenti nell'interesse del predetto cliente, mentre altrettanto correttamente riscontra a carico del ricorrente l'assenza non solo della prova ma altresì della stessa allegazione di un qualunque fatto impeditivo dell'attribuzione della responsabilità dell'illecito, quale sarebbe stato rappresentato dalla successiva legittima disposizione della somma residua, nel senso della sua restituzione al cliente o della spendita della stessa nell'interesse del medesimo o dell'accantonamento a favore dell'Associazione e non certo dalla prassi allegata dal ricorrente, espressiva di una gestione diretta...

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