Il matrimonio è un atto di libertà e di autoresponsabilità, il luogo degli affetti e di effettiva comunione di vita e, in quanto tale, è dissolubile. Pertanto, non è configurabile un interesse giuridicamente rilevante o protetto dell'ex coniuge a conservare il tenore di vita matrimoniale goduto in costanza di matrimonio. L'interesse tutelato con l'attribuzione dell'assegno divorzile è il raggiungimento dell'indipendenza economica e non, invece, il riequilibrio delle condizioni economiche degli ex coniugi.
Quotidiano del 15 maggio 2017
Quanto sopra è stato affermato dalla Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione nella sentenza n. 11504 pubblicata il 10 maggio 2017 che ha stravolto ventisette anni di pronunce in tema di assegno divorzile che davano rilievo al tenore di vita goduto nel corso del matrimonio dall'ex coniuge richiedente l'assegno e alla disparità reddituale degli ex coniugi al momento della pronuncia del divorzio.
Come è noto, prima del revirement giurisprudenziale di cui alla sentenza in commento, il presupposto per concedere l'assegno divorzile era costituito dalla inadeguatezza dei mezzi del coniuge richiedente l'assegno a conservare un tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio, senza che fosse necessario uno stato di bisogno dell'avente diritto, il quale avrebbe ben potuto essere anche economicamente autosufficiente. Ciò che rilevava era l'apprezzabile deterioramento, in dipendenza del divorzio, delle condizioni economiche del richiedente che dovevano essere ripristinate in modo da ristabilire un certo equilibrio. Tale principio di diritto veniva affermato dalla Cassazione a Sezioni Unite n. 11490-11492 del 1990.
Tali sentenze si facevano carico della necessità di bilanciare l'esigenza di superare la concezione patrimonialistica del matrimonio inteso come sistemazione definitiva con l'esigenza di non turbare un...
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