che la Corte di appello di Roma ha confermato la sentenza del Tribunale della stessa città che aveva dichiarato la nullità del termine apposto al contratto intercorso con Poste Italiane s.p.a. nel periodo 1.3-30.6.2000 - ai sensi dell'art. 8 del c.c.n.l. del 1994 e successive integrazioni per esigenze eccezionali conseguenti alla fase di ristrutturazione e rimodulazione degli assetti occupazionali in corso ed in ragione della graduale introduzione di nuovi processi produttivi di sperimentazione di nuovi servizi in attesa dell'attuazione del progressivo e completo equilibrio sul territorio delle risorse umane ordinando la ricostituzione del rapporto e condannando la società Poste Italiane al risarcimento del danno quantificato nelle retribuzioni non corrisposte dalla costituzione in mora al ripristino del rapporto. Il giudice di appello ha escluso che il rapporto si fosse risolto per mutuo consenso; ha confermato l'illegittimità del termine apposto al contratto e le statuizioni risarcitorie.
che avverso tale sentenza Poste Italiane s.p.a. ha proposto ricorso affidato a tre motivi, al quale ha opposto difese la Lanza che ha depositato memorie illustrative.
Che Con il primo motivo di ricorso Poste Italiane S.p.A. deduce, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione della legge n. 56 del 1987, art. 23 dell'art. 8 CCNL 26. 11. 1994 nonchè degli Accordi sindacali del 25. 9. 1997, del 16 gennaio 1998, del 27 aprile 1998, del 2 luglio 1998, del 24 maggio 1999 e del 18 gennaio 2001 in connessione con l'art. 1362 c.c. e segg.. Censura la decisione per avere ritenuto che le parti collettive avevano fissato un limite temporale della disciplina autorizzatoria della stipula di contratti a termine. Assume l'errore della Corte territoriale nell'avere trascurato ai fini interpretativi che sia l'Accordo del 25.9.1997 che quelli successivi, avevano natura meramente ricognitiva del persistere della situazione che giustificava il ricorso alle assunzioni a termine. Con il secondo motivo di ricorso deduce ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine a fatti decisivi della controversia con riferimento alla fonte di individuazione della volontà delle parti collettive di fissare al 30.4.1998 il termine di efficacia dell'accordo integrativo 25.9.1997. Con il terzo motivo di ricorso deduce, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 1206, 1207,1217, 1218, 1219, 1223, 2094, 2099 e 2697 c.c. per avere la Corte di appello condannato al pagamento delle retribuzioni dalla data di asserita messa in mora e si duole del mancato approfondimento istruttorio in relazione all'eccepita riduzione del danno con riguardo all'aliunde perceptum. Chiede infine, in subordine, che sia ritenuta applicabile la disciplina sopravvenuta contenuta nella L. 4 novembre 2010, n. 183, art. 32, commi 5 e 7.
Che il primo ed il secondo motivo di ricorso, stante la loro connessione, possono essere esaminati congiuntamente, e sono infondati. Questa Corte ha...
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