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Estremi:
Cassazione civile, 2017,
  • Fatto

    SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

    1. La Corte d'appello di Perugia, con sentenza dell'11/8/2014, confermò la decisione del giudice di primo grado che aveva respinto la domanda avanzata da B.G., diretta alla declaratoria di illegittimità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo intimato al predetto il (OMISSIS) da S.r.l. Autocentri Giustozzi.

    2. La sentenza impugnata riporta come di seguito i fatti di causa: il ricorrente aveva svolto dall'ottobre 2008 le funzioni di responsabile del servizio dedicato alla formazione, in qualità di quadro; nel novembre 2009 la società aveva preso in affitto l'azienda della Società Autocentri Baldan, concessionaria della Volkswagen per l'area di (OMISSIS); ciò aveva determinato esigenze di integrazione tra la struttura di Perugia e quella di Foligno e a tal fine la società aveva stipulato un contratto di lavoro con S.M., cui aveva affidato la direzione dell'impresa; al termine del processo d'integrazione lo S. aveva assunto direttamente la gestione e la responsabilità della formazione, fino a quel momento attribuita al B., la cui posizione di lavoro veniva soppressa; l'azienda, quindi, aveva proposto al B. l'incarico di responsabile delle relazioni con i clienti presso la struttura di Foligno, con inquadramento inferiore al precedente; in assenza di risposta, interpretando il silenzio come tacito consenso al mutamento di mansioni, l'azienda aveva disposto il trasferimento del predetto a Foligno a decorrere dal 2 maggio 2011, con i compiti già comunicati; il dipendente, tuttavia, aveva denunciato l'illegittimità del provvedimento e del trasferimento, invitando la società a revocare entrambe le disposizioni; la datrice di lavoro, quindi, aveva intimato il licenziamento per giustificato motivo oggettivo.

    3. La Corte territoriale ritenne infondato il rilievo mosso dal lavoratore riguardo alla mancata dimostrazione da parte della società...

  • Diritto

    MOTIVI DELLA DECISIONE

    1. Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione e/o errata applicazione della L. n. 604 del 1966, artt. 3 e 5, in relazione all'art. 2697 c.c. e art. 360 c.p.c., n. 3. Osserva che l'iter argomentativo della Corte è errato e conduce a concludere che il licenziamento per giustificato motivo oggettivo equivale a tutti gli effetti a un recesso ad nutum, dovendosi ritenere esclusa ogni forma di sindacato da parte dell'Autorità giudiziaria sulla legittimità del recesso. Rileva che è richiesto un accertamento circa l'effettività delle ragioni poste dal datore di lavoro a giustificazione della decisione di modifica delle mansioni, l'esistenza del rapporto di riferibilità causale dell'individuazione del posto da sopprimere rispetto al riassetto organizzativo, l'inesistenza di soluzioni alternative al licenziamento. Osserva che la circostanza che nell'anno 2001 parte datoriale aveva ritenuto di dover attrarre i compiti della formazione nelle mansioni del direttore S., a conclusione di una non meglio precisata riorganizzazione derivata dall'acquisizione della filiale di Foligno, peraltro intervenuta nel 2009, denotava la contraddittorietà e l'apparenza della motivazione stessa. Rileva che sulla reale sussistenza del motivo addotto deve svolgersi l'indagine da parte dell'Autorità giudiziaria per accertarne l'effettività e non pretestuosità. Evidenzia che l'iniziativa del demansionamento era stata accompagnata anche dal trasferimento, misura afflittiva perchè Foligno è ubicato a distanza di 50 km dall'originaria sede, così rivelandosi la strumentalità dell'intera operazione in funzione del licenziamento.

    1.2. Il motivo è privo di fondamento. Questa Corte ha avuto modo di affermare in plurime occasioni che il licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo, la L. 15 luglio 1996, n. 604, ex art. 3, non richiede una ristrutturazione aziendale di ampia portata, essendo sufficiente che...

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