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Estremi:
Cassazione civile, 2017,
  • Fatto

    FATTI DEL PROCESSO

    Con ricorso al Tribunale di Pesaro C.G. impugnava il licenziamento intimatogli in data 30.5.2011 dalla società MITO srl per mancato superamento del periodo di prova, deducendo che il contratto con il patto di prova era stato sottoscritto allorquando il rapporto di lavoro era già in corso;

    chiedeva dichiararsi la nullità del patto e la illegittimità del licenziamento ed applicarsi la tutela L. n. 300 del 1970, ex art. 18.

    Il Giudice del lavoro - con sentenza del 10.5.2013 (nr. 197/2013)- accoglieva integralmente la domanda.

    Con sentenza del 28.11.2013 - 30.1.2014 (nr. 1007/2013) la Corte d'appello di Ancona, pronunziando sull'appello proposto dalla società MITO srl (ricorso del 24.5.2013), accoglieva parzialmente l'appello e limitava la condanna della società MITO srl al pagamento di venti mensilità della retribuzione globale di fatto, riducendone l'importo ad Euro 3.018,70 mensili.

    La Corte territoriale rilevava che la società impugnava la sentenza per non avere escluso la risoluzione del rapporto di lavoro per mutuo consenso o la rinunzia del lavoratore alla impugnazione.

    Sulla base delle stesse allegazioni della società doveva escludersi la esistenza del mutuo consenso, a tanto non rilevando nè l'affidamento al ragioniere dell'impresa dell'incarico di determinare l'importo di una mensilità di retribuzione e di redigere la lettera di licenziamento nè la firma immediata della comunicazione di licenziamento da parte del lavoratore "per accettazione".

    La sottoscrizione dell'atto di licenziamento "per accettazione" non aveva significato univoco neppure di rinunzia, ben potendo la espressione riferirsi alla comunicazione del documento e non ai suoi effetti.

    La prova orale articolata dalla società per dimostrare che era stata corrisposta una mensilità aggiuntiva come incentivo alla rinunzia alla impugnazione era...

  • Diritto

    RAGIONI DELLA DECISIONE

    Preliminarmente la Corte dà atto che il ricorso autonomo della società MITO risulta tardivo (la sentenza impugnata è stata pubblicata il 30.1.2014; il ricorso è datato ed è stato notificato il 31.7.2014); deve tuttavia procedersi all'esame delle censure sub specie di ricorso incidentale tardivo, in quanto riprodotte dalla società nel controricorso avverso il ricorso del lavoratore, che è stato tempestivamente notificato.

    Secondo l'ordine di pregiudizialità deve essere esaminato prioritariamente il ricorso della società MITO; esso afferisce alla statuizione sul mutuo consenso e sulla rinunzia alla impugnazione del licenziamento, pregiudiziale rispetto alla statuizione sul risarcimento del danno che è oggetto del ricorso del lavoratore.

    Con l'unico motivo la società MITO srl ha denunziato - ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 3 - violazione e falsa applicazione dell'art. 2113 c.c., e dell'art. 2697 c.c., nonchè insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia.

    Ha lamentato la carenza della motivazione della sentenza gravata sul punto della natura disponibile del diritto alla impugnazione del licenziamento ed assunto che l'atto abdicativo doveva essere individuato nella sottoscrizione del lavoratore, in calce alla lettera di licenziamento, "per accettazione".

    La società aveva chiesto di provare l'accordo intervenuto per una risoluzione consensuale del rapporto di lavoro in corrispettivo di una mensilità netta aggiuntiva di retribuzione laddove la Corte di merito aveva da un lato affermato la carenza di prova della transazione, dall'altro negato la ammissione della prova testimoniale tendente ad acquisire al processo i patti sottostanti.

    I capitoli della prova non ammessi - (ed in particolare il capitolo 4, trascritto in ricorso) - avrebbero dimostrato che le parti di causa si erano recate congiuntamente dal...

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