1.- Con sentenza del 14 agosto 2013, la Corte di Appello di Ancona, in riforma della pronuncia di primo grado, ha respinto l'impugnativa di licenziamento disciplinare intimato in data 10 ottobre 2011 ad B.A. da parte della Pacart Srl.
La Corte territoriale ha esaminato i due episodi posti a fondamento del recesso datoriale, "alla stregua delle convergenti risultanze della istruttoria compiuta nel giudizio di primo grado".
Ha così descritto il primo: "l'operaio specializzato B. nella giornata del 15 settembre 2011, durante il suo turno di lavoro, lasciate le sue mansioni, si dedicava ad un "gioco" che coinvolgeva l'ignaro collega H.E., autista del muletto (la cui visuale frontale era in parte ostruita dal carico) sicchè, montato sulle punte delle forche, si lasciava sollevare dal carrello elevatore in manovra, unitamente a bancale di merce, fino ad una altezza di due o tre metri, per poi saltare giù l'attimo prima dello stivaggio della pedana con i beni su di essa contenuti (tubi di cartone del peso di 500 chilogrammi)".
Quanto al secondo addebito la Corte ha ritenuto accertato "l'inadempimento fraudolento della prestazione lavorativa, consumato per circa tre ore, sul luogo di lavoro e durante l'orario di lavoro del turno mattutino del 19 settembre allorquando, timbrato regolarmente il cartellino all'orario di ingresso, il Bucalo inopinatamente allontanatosi dalla linea di produzione ed appartatosi all'interno dell'officina, si era reso inoperoso per qualche ora fino a quando, scoperto e sorpreso inattivo dalla responsabile del personale Sig.ra L.I., rispondeva che stava "scioperando" e che era legittimato per il fatto che non percepiva con regolarità e tempestività la retribuzione; peraltro non ottemperava all'ordine del superiore di riprendere subito il lavoro adeguandosi a ciò soltanto dopo un ulteriore e successivo ripensamento".
...3.- Con il primo motivo di ricorso si denuncia: "Violazione o falsa applicazione dell'art. 2119 e 2016 c.c.. Violazione del principio di proporzionalità. Difetto di giusta causa". Si deduce che "la sentenza gravata, sulla base di una inadeguata ricostruzione del complessivo comportamento del lavoratore, abbia effettuato una erronea valutazione della proporzionalità della condotta addebitabile al ricorrente rispetto alla sanzione espulsiva irrogata".
Il motivo non può trovare accoglimento in quanto la "ricostruzione del complessivo comportamento del lavoratore" che parte ricorrente giudica "inadeguata" attiene alla quaestio facti di pertinenza esclusiva del giudice di merito, con motivazione non adeguatamente censurata secondo il novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, introdotto dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54 conv. in L. n. 134 del 2012, come rigorosamente interpretato da Cass. SS. UU. nn. 8053 e 8054 del 2014, proponendosi da parte ricorrente una doglianza che ha solo l'involucro formale dell'error in iudicando.
Anche il giudizio di proporzionalità tra licenziamento disciplinare e addebito contestato è devoluto al giudice di merito, la cui valutazione non è censurabile in sede di legittimità, ove sorretta da motivazione sufficiente e non contraddittoria (ex pluribus: Cass. n. 8293 del 2012; Cass. n. 7948 del 2011; Cass. n. 24349 del 2006; Cass. n. 3944 del 2005; Cass. n. 444 del 2003).
Trattandosi di una decisione che è il frutto di selezione e valutazione di una pluralità di elementi la parte ricorrente, per ottenere la cassazione della sentenza impugnata, non può limitarsi ad invocare una diversa combinazione di detti elementi ovvero un diverso peso specifico di ciascuno di essi, ma deve piuttosto denunciare l'omesso esame di un fatto, ai fini del giudizio di proporzionalità, avente valore decisivo, nel senso che l'elemento trascurato avrebbe condotto ad un...
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