Con ricorso ex art. 442 c.p.c. rivolto al Giudice del lavoro di Bari, C. M. esponeva:

- di essere stata sposata con M. A. in regime di comunione legale sin dal 23 gennaio 1967 e che il vincolo si era protratto sino al decesso del marito;

- che il marito aveva sempre lavorato come pubblico dipendente ed era stato collocato a riposo in data 5 ottobre 2005 per invalidità, maturando il diritto a percepire la indennità di buona uscita;

- che egli decedeva il 20 novembre 2005, a distanza di quarantacinque giorni dal pensionamento, lasciando eredi legittimi la moglie ed il fratello, M. D.;

- di avere invitato l'INPDAD ad erogare in suo favore l'intero ammontare della indennità di buonuscita, posto che in assenza di figli il trattamento economico in questione spetta unicamente al coniuge ai sensi dell'art. 2122 c.c..;

- che però l'ente suddetto riteneva di non assecondare la richiesta, deducendo che in caso di decesso dell'iscritto dopo il collocamento a riposo il diritto alla buonuscita segue le norme della successione legittima e spetta, pertanto, per 2/3 al coniuge e per 1/3 al fratello ai sensi dell'art. 582 c.c.;

- che quindi veniva inviato il prospetto della liquidazione con la relativa suddivisione nel senso sopra indicato, da lei però contestata in questa sede, tenuto conto di quanto statuito dall'art. 2122 c.c.. e della interpretazione della ratio della norma, di tal che il diritto le spettava iure proprio;

- che infatti, e a suo parere, al momento del decesso la indennità non era ancora entrata materialmente nel patrimonio del dipendente, nè la stessa indennità poteva dirsi esigibile;

tutto ciò premesso chiedeva volersi accertare e dichiarare il suo diritto a percepire l'intero ammontare della indennità di buonuscita e condannare l'INPDAP alla corresponsione in suo favore della somma pari ad € 15,138,12, pari ad un terzo dell'intero, illegittimamente...