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Estremi:
Cassazione civile, 2016,
  • Fatto

    SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

    Con sentenza n. 295/2013, pubblicata il 26.4.2013, la Corte d'Appello di Torino, respingeva l'appello avverso la sentenza resa dal giudice del lavoro del tribunale di Verbania, che aveva rigettato la domanda svolta da B.C. nei confronti della Provincia del Verbano, Cusio Ossola, con la quale egli chiedeva accertarsi la nullità del licenziamento discriminatorio, poichè fondato sull'orientamento sessuale, intimatogli dalla datrice di lavoro il 28.9.2011, con effetto dal 28.12.2011; con conseguente condanna dell'Ente convenuto alla reintegrazione nel posto di lavoro L. n. 300 del 1970, ex art. 18 ed al risarcimento del danno retributivo, biologico, esistenziale e morale.

    A fondamento della decisione, la Corte sosteneva che la domanda fosse infondata in quanto il licenziamento non era stato intimato in ragione dell'orientamento sessuale del dipendente, bensì in ragione della pubblica e riconoscibile attività di prostituzione da egli esercitata su alcuni siti internet; attività chiaramente lesiva del prestigio e dell'immagine della Provincia ed in generale della Pubblica Amministrazione, anche a motivo della visibilità del lavoratore, atteso il ruolo esterno rivestito come istruttore informatico.

    Per la cassazione di questa sentenza ha interposto ricorso il lavoratore con 5 motivi; ed avanzando, in via preliminare, istanza per la sospensione del giudizio, pendendo in Cassazione ricorso promosso dal competente Garante per la Protezione dei Dati Personali avverso la sentenza del tribunale di Verbania n. 402/2012 del 13.6.2012 che aveva annullato il provvedimento che vietava alla Provincia il trattamento, in quanto illegittimo, dei dati personali sensibili del B. utilizzati ai fini del procedimento disciplinare che aveva condotto al...

  • Diritto

    MOTIVI DELLA DECISIONE

    1.- Deve essere chiarito, preliminarmente, che nelle more di questo giudizio, per come risulta pure concordemente addotto dalle parti nelle memorie ex art. 378 c.p.c., la Corte di Cassazione sezione I civile ha pronunciato con sentenza n. 21107/2014 nel giudizio avente ad oggetto il ricorso promosso dal competente Garante per la Protezione dei Dati Personali avverso la sentenza tribunale di Verbania 402/29012 del 13.6.2012 che aveva annullato il provvedimento che vietava alla Provincia il trattamento dei dati personali sensibili del B., acquisiti su internet ed utilizzati ai fini del licenziamento di cui si tratta. Non occorre pertanto pronunciarsi sulla richiesta di sospensione del giudizio avanzata da parte ricorrente per pregiudizialità ex art. 295 c.p.c..

    2. Va aggiunto che con la medesima sentenza n. 21107/2014 la Corte di Cassazione ha annullato senza rinvio l'impugnata sentenza del Tribunale di Verbania ed ha definitivamente sancito la legittimità del provvedimento n. 468 del 6.12.2011 con cui il Garante per la Protezione dei Dati Personali aveva fatto divieto alla Provincia di trattare ulteriormente le informazioni relative alla vita sessuale di B.C., in difetto delle condizioni richieste dal D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, per il trattamento dei relativi dati (dalla corte definiti supersensibili) finalizzato alla gestione del rapporto di lavoro.

    Pur tuttavia, vanno negate ricadute da parte della predetta pronuncia all'interno del presente giudizio che ha ad oggetto il ricorso avverso la sentenza che ha riconosciuto legittimo il licenziamento del dipendente. Tanto perchè nessun motivo di impugnazione è stato presentato in questo giudizio in merito all'utilizzazione dei dati effettuata dal datore di lavoro per emettere il licenziamento. Ed è pertanto...

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