Il caso
Il caso di specie aveva ad oggetto l'accertamento dell'illegittimità di un licenziamento per giustificato motivo oggettivo disposto per soppressione del posto di lavoro.
Nel corso del giudizio di merito veniva accertata la effettività della soppressione del posto di lavoro (segnatamente della mansione di caposquadra su un determinato cantiere).
Quanto al rispetto dell'obbligo di repechage, invece, la questione era più complessa.
Era emerso unicamente che la società datrice aveva proposto al lavoratore la modifica delle mansioni con passaggio dai compiti di caposquadra a quelli di autista di autospazzatrice, ovverosia una modifica implicante una variazione in peius; che il lavoratore non aveva accettato.
Nel corso del giudizio, però, la Società non aveva dimostrato l'impossibilità di una utile ricollocazione del lavoratore in altre mansioni, né il lavoratore aveva allegato altri luoghi o cantieri di pertinenza della Società cui potesse essere assegnato.
La Corte d'Appello esaminava la vicenda premettendo che “la manifesta insussistenza del fatto posto alla base del licenziamento” di cui al co. 7 dell'art. 18 St. Lav. deve riguardare entrambi gli elementi costitutivi del motivo oggettivo: dunque sia la ragione economica addotta, sia il rispetto dell'obbligo di repechage.
Ciò premesso, la Corte riteneva che la ragione economica posta alla base del licenziamento, fosse da considerarsi sussistente, essendo risultata provata la soppressione del posto di lavoro.
Diversamente, nella ricostruzione della Corte, il lavoratore, non avendo allegato l'esistenza di posizioni cui potesse essere reimpiegato, non aveva avuto quell'atteggiamento “collaborativo” richiesto in molteplici pronunce della Suprema Corte al fine di rendere “manifesta” l'esistenza di...
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