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Titolo:

Licenziamento disciplinare, sanzione conservativa e reintegrazione: l'interpretazione estensiva della volontà negoziale è preclusa?

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  • Sommario

  • Fatto

    La Corte di appello di Ancona, in riforma della pronunzia del Tribunale di Ascoli Piceno ed in seguito a due pronunce di rinvio da parte del giudice di legittimità (Cass., n. 27238/2018 e Cass., n. 15111/2020) dichiarava l'illegittimità del licenziamento disciplinare intimato dalla società-datrice, con condannata al pagamento di una indennità risarcitoria omnicomprensiva nella misura di diciotto mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, oltre interessi e rivalutazione.

    La sentenza veniva impugnata dalla lavoratrice innanzi alla Corte di Cassazione. Il ricorso veniva fondato su tre motivi. In sintesi la ricorrente lamentava la mancata uniformità da parte del giudice di appello al principio di diritto enunciato nella sentenza di rinvio, avendo ampliando la propria cognizione oltre a quella devoluta e circoscritta all'individuazione del regime di tutela applicabile, reiterando l'esame nel merito sulla illegittimità del recesso datoriale. Nell'effettuare il giudizio di sussunzione, inoltre, la Corte di appello avrebbe erroneamente ricondotto la fattispecie concreta nell'ambito di una previsione negoziale contemplante la sanzione espulsiva, senza tener conto di quanto affermato nella precedente sentenza della Corte di Cassazione (i.e. Cass., n. 27238/2018), circa la non gravità della condotta addebitata per carenza di intenzionalità.

    La questione

    Entro quali limiti il giudice di merito può sussumere il caso concreto, non previsto dalle parti contraenti, in una fattispecie astratta negozialmente regolata e sanzionata?

    La decisione della Corte

    La Corte ha dichiarato fondato il ricorso limitatamente al punto dell'illegittima estensione della propria cognizione da parte del giudice...

 

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